Vivere la domenica
5ª domenica del Tempo ordinario
Per essere buoni testimoni bisogna accogliere Dio nella vita quotidiana
Alessandro Franzoni
Dopo aver enunciato il “manifesto” del Regno di Dio, Gesù annuncia agli ascoltatori che se uno accoglie e vive fino in fondo le beatitudini, diventerà capace di essere sale della terra e luce del mondo. Al centro di questo Vangelo c’è quindi l'esigenza della testimonianza cristiana che ogni discepolo è chiamato a dare.
San Paolo VI, nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, scrive che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri e, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni» (n. 41). Anche i giovani, che sembrano lasciare il cammino di fede subito dopo aver ricevuto i sacramenti e spesso criticano la Chiesa, forse sono ancora attratti da coerenti e significativi testimoni del Vangelo. Il beato cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, un giorno del 1954, parlando ai seminaristi di Milano, disse: «Altro non ho da darvi che un invito alla santità. La gente pare che non si lasci più convincere dalla nostra predicazione; ma di fronte alla santità, ancora crede, ancora si inginocchia e prega». Queste parole, a distanza di più di cinquant'anni, sono più che mai attuali.
Gesù nel Vangelo esorta a testimoniare il Vangelo attraverso due immagini: il sale della terra e la luce del mondo. Il sale dà sapore e preserva dalla corruzione. La comunità è sale quando ha il sapore delle beatitudini. «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14) e questa luce va posta su un candelabro, perché illumini lo
spazio circostante. La luce delle genti è Cristo, luce che si riflette sul volto della Chiesa (cfr. Lumen gentium 1).
Se pertanto a noi discepoli è chiesto di dare un'autentica e coerente testimonianza cristiana come genitori, sposi, presbiteri, consacrati, lavoratori, padri e madri, ciò sarà possibile se le nostre energie spirituali saranno volte ad accogliere il Signore nella nostra vita. La testimonianza ha a che vedere con l'essere. Essere in
Cristo, questa è la nostra chiamata e la sorgente della nostra testimonianza. Arricchita da questa luce interiore, la nostra sarà una vita colma di opere buone, belle, luminose.
Le letture della 5ª Domenica del Tempo ordinario: Is 58,7-10; Sal 111; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16.
In prima battuta può sembrare strano, esagerato, sentirsi qualificare in questo modo, sappiamo bene che è Lui, il Signore Gesù, il sale capace di dare sapore e la luce che dona chiarore!
Però proprio Lui stesso usa queste parole nei nostri confronti e ci rivolge queste frasi non al congiuntivo ma all’indicativo, non sono esortazioni ma certezze: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo!”. Il sale è l’elemento che dà sapore e la luce chiarezza, ma questi non sono tanto sostanze presenti in natura e nemmeno requisiti per operare in modo migliore nella vita, questi elementi sono persone e Gesù ci dice espressamente che siamo
noi! Allora, cosa vuol dire essere “sale” e “luce”? Intanto significa che non dobbiamo diventare tali ma che lo siamo già, e se ciò non compare probabilmente è perché siamo ancora chiusi senza manifestare il nostro essere: siamo ancora dentro la saliera e teniamo imbrigliata la luce impedendole di sprigionare la sua potenzialità. Il sale per dare sapore deve abbandonare la saliera e finire nel cibo, perdersi nel piatto per farsi dono ed offrire la sua prestazione.
Così la luce, solo se splende esiste.Nel Vangelo di oggi (Mt 5,13-16) Gesù usa due similitudini, ci offre due esempi per farci capire chi veramente siamo: siamo “sale” e “luce”.
Impariamo a metter fuori quelle ricchezze che sono racchiuse dentro di noi, senza sentirci inadeguati e senza la presunzione di essere più di ciò che siamo, ma con equilibrio. Il sale infatti fa usato con moderazione altrimenti anziché insaporire rende cattivo il cibo, così la luce dev’essere adeguata all’occhio altrimenti acceca.
Se il Signore ci fa dono del suo sale e della sua luce è perché ne facciamo tesoro e possiamo offrire al mondo sapore e luce di bene.
Quante persone troviamo scontente, incupite, rassegnate al peggio, oppure piene di rabbia … Se ci siamo lasciati insaporire e illuminare dal Signore sapremo pure indicare una via di speranza e testimoniare la verità in cui crediamo.
Mai dimenticare: il sale senza sapore non serve a nulla e la luce che non è accesa è inesistente. Perciò lasciamo che il Signore infonda in noi la sua presenza che dà sapore e luce perché solo così potremo essere per i fratelli e per il mondo riflesso della presenza del Dio della vita: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e diano lode al Padre vostro che è nei cieli!”.
Buona Domenica. Don Stefano