ITALO CALVINO – MARCOVALDO ovvero LE STAGIONI IN CITTÀ Show RCS – Collana I GRANDI ROMANZI ITALIANI n.3 – 2003 Libro letto e riassunto a Milano dove, vittima dell’attacco di un gatto nero, Behemoth detto “Bem”, apparentemente un “angioletto”, la sovraccopertina è finita semisbranata dai di lui felini denti 😀 😀 😀 —– IL GHIACCIOLO E LA MARMELLATA PRIMAVERA p.15 1 – FUNGHI IN CITTÀ p.15 Il manovale Marcovaldo scruta con sensibilità le rare manifestazioni della natura presente nella grigia città industriale in cui vive e lavora presso la ditta SBAV. Una mattina di primavera, in attesa di prendere il tram, l’uomo si accorge della presenza di alcuni funghi cresciuti ai piedi degli alberi presenti nell’aiuola della fermata… Un giorno, sulla striscia d’aiola d’un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram. Il fatto lo rende al lavoro più distratto del solito, intento a meditare sulla loro crescita.
Durante l’umile desinare ne parla alla moglie Domitilla e ai quattro figli, rifiutando però di rivelare loro l’ubicazione dell’aiuola per timore che qualcun altro possa coglierli, ivi incluso l’antipatico spazzino Amadigi… Ma si rividero presto, anzi la stessa sera, nella medesima corsia dell’ospedale, dopo la lavatura gastrica che li aveva tutti salvati dall’avvelenamento: non grave, perché la quantità di funghi mangiati da ciascuno era assai poca. ESTATE p.19 2 – LA VILLEGGIATURA IN PANCHINA p.19 In piena estate Marcovaldo decide di passare la notte sulla panchina appartata di un parco che attraversa tutti i giorni per recarsi al lavoro. Nei suoi sogni alienati la vede infatti come un paradiso, distante anni luce dall’umile appartamento che divide con moglie e figli… Andando ogni mattino al suo lavoro, Marcovaldo passava sotto il verde d’una piazza alberata, un quadrato di giardino pubblico ritagliato
in mezzo a quattro vie. (p.18) Ma, giunto sul posto, trova la panchina occupata da una coppia di fidanzati intenti a litigare… Gira un po’ e solo dopo parecchio la panchina è finalmente libera. Ma l’incanto del momento è ormai svanito e, esaurito, il manovale non riesce a dormire per via del lampeggiare notturno di un semaforo… Una notte, zitto, mentre la moglie russava ed i bambini scalciavano nel sonno, si levò dal letto, si vestì, prese sottobraccio il suo guanciale, uscì e andò alla piazza. Decide allora di coprirsi la visuale collocando una corona d’alloro sulla sciabola di un monumento lì presente, rischiando peraltro di essere sorpreso dal non troppo solerte vigile Tornaquinci… Allontanatosi l’operatore, si mette a osservare saldatori intenti a riparare le rotaie del tram e così, tornato alla panchina, non riesce ora ad addormentarsi per via del rumore che gli giunge alle orecchie… Per lasciarlo allontanare, Marcovaldo rifece il giro della piazza. In una via vicina, una squadra d’operai stava aggiustando uno scambio alle rotaie del tram. […] Gli serve un rumore di sottofondo naturale pensa, aprendo così l’acqua della fontana. Si addormenta, fa un sogno macabro e a svegliarlo è stavolta la puzza dei rifiuti che i netturbini stanno ammassando sul camion. Coglie allora due ranuncoli dall’aiuola, con Tornaquinci a far finta di non vedere, svegliandosi infine all’alba per il getto d’acqua degli annaffiatoi… È tempo di recarsi al lavoro… Ecco, adesso era come sul ciglio d’un torrente, col bosco sopra di lui, ecco, dormiva. […] AUTUNNO Una mattina d’autunno Marcovaldo prende una multa con il carretto a triciclo della ditta nel tentativo d’inseguire uno stormo di beccacce… Il caporeparto, Viligelmo, sbraita ma, sentito parlare di beccacce, lui, abile cacciatore, si prepara ad andare a caccia il sabato successivo. Marcovaldo spera di veder giungere in città tanti volatili e così cosparge di vischio e granone il tetto di casa. Unico uccello catturato risulterà però un piccione del comune da risarcire assieme alla biancheria rovinata della padrona di casa… Gli
itinerari che gli uccelli seguono migrando, verso sud o verso nord, d’autunno o a primavera, traversano di rado la città. Gli stormi tagliano il ciclo alti sopra le striate groppe dei campi e lungo il margine dei boschi, ed ora sembrano seguire la ricurva linea di un fiume o il solco d’una valle, ora le vie invisibili del vento. Ma girano al largo, appena le catene di tetti d’una città gli si parano davanti. Pure, una volta, un volo di beccacce autunnali apparve nella fetta di ciclo d’una
via. INVERNO Un mattino Marcovaldo si sveglia scoprendo la città sotto una coltre di neve. Andando a lavoro a piedi si sente felice e libero come non mai, divertendosi a camminare in mezzo alla strada o a passare sulle aiuole rese invisibili dalla neve sognando di perdersi in una città diversa… Aperse la finestra: la città
non c’era più, era stata sostituita da un foglio bianco. […] Ma, giunto al capannone della ditta, la solita amara vita di sempre lo attende: spalare la neve!… Marcovaldo camminando sognava di perdersi in una città diversa: invece i suoi passi lo riportavano proprio al suo posto di lavoro di tutti i giorni, il solito magazzino, e, varcata la soglia, il manovale stupì di ritrovarsi tra quelle mura sempre uguali, come se il cambiamento che aveva annullato il mondo di fuori avesse risparmiato solo la sua ditta. PRIMAVERA Dalla panchina soleggiata in cui è solito trascorrere la pausa pranzo in inverno, Marcovaldo scopre dal vecchio Rizieri, afflitto da reumatismi di ogni sorta, che tramite le vespe si possono guarire quei malanni, come riportato su un vecchio giornale. Marcovaldo cattura allora una vespa e, constatata l’efficacia del metodo, in breve apre un improvvisato studio medico. Un sabato però, per colpa del figlio Michelino, un intero sciame irrompe in casa mandando tutti in ospedale… L’inverno se ne andò
e si lasciò dietro i dolori reumatici. Un leggero sole meridiano veniva a rallegrare le giornate, e Marcovaldo passava qualche ora a guardar spuntare le foglie, seduto su una panchina,aspettando di tornare a lavorare.Vicino a lui veniva a sedersi un vecchietto, ingobbito nel suo cappotto tutto rammendi: era un certo signor Rizieri, pensionato e solo al mondo, anch’egli assiduo della panchine soleggiate. […] Quell’anno i reumatismi serpeggiavano tra la popolazione come i tentacoli d’una piovra; la cura di Marcovaldo venne in grande fama; e al sabato pomeriggio egli vide la sua povera soffitta invasa d’una piccola folla d’uomini e donne afflitti, che si premevano una mano sulla schiena o sui fianchi, alcuni dall’aspetto cencioso di mendicanti, altri con l’aria di persone agiate, attratti dalla novità di quel rimedio. (p.39) ESTATE Un giorno d’estate Marcovaldo si reca con i figli al fiume per effettuare un ciclo di sabbiature come prescrittogli dal medico per curare i suoi reumatismi… Sul posto sono però presenti delle draghe in azione e, nei pressi di un enorme setaccio, trova quel che fa per lui: della sabbia asciutta!… Fattosi aiutare dai figli eccolo sulla chiatta sotto un cumulo di sabbia… Per i suoi reumi, – aveva detto il dottore della Mutua, – quest’estate ci vogliono delle belle sabbiature –. E Marcovaldo un sabato pomeriggio esplorava le rive del fiume, cercando un posto di rena asciutta e soleggiata. Ma dove c’era rena, il fiume era tutto un gracchiare di catene arrugginite; draghe e gru erano al lavoro:
macchine vecchie come dinosauri che scavavano dentro il fiume e rovesciavano enormi cucchiaiate di sabbia negli autocarri delle imprese edilizie fermi lì tra i salici. (P.40) Si addormenta e la cima mezza slegata dai uno dei figli si scioglie del tutto facendolo vagare sul fiume. Poco dopo Marcovaldo si sveglia realizzando di esser prossimo alle rapide. Dovrebbe chiedere aiuto, ma pensa così facendo di perdere i benefici delle sabbiature… Catapultato in aria, si rende conto che, data la folla presente, non toccherà comunque l’acqua… E la chiatta carica di sabbia scese libera per il fiume. (p.43) Capì d’essere in mezzo al fiume, in viaggio; nessuno rispondeva: era solo, sepolto in un barcone di sabbia alla deriva senza remi né timone. (p.44) Marcovaldo si trovò proiettato in aria come da una catapulta, e in quel momento
vide il fiume sotto di lui. Ossia: non lo vide affatto, vide solo il brulichio di gente di cui il fiume era pieno. […] AUTUNNO Marcovaldo consuma il pasto che la moglie gli colloca in una pietanziera d’alluminio sulla panchina di un parco…. Marcovaldo adesso ha preso a masticare lentamente: è seduto sulla panchina d’un viale, vicino al posto dove lui lavora; siccome casa sua è lontana e ad andarci a mezzogiorno perde tempo e buchi nei biglietti tramviari, lui si porta il desinare nella pietanziera, comperata apposta, e mangia all’aperto, guardando passare la gente, e poi beve a una fontana. (p.47) Per tre giorni consecutivi gli tocca mangiare salsiccia e rape e, il quarto giorno, nauseato inizia a vagare per il parco senza decidersi a mandar giù il primo boccone. Un bambino affacciato alla finestra di una ricca villa, triste e in castigo per non voler mangiare cervello fritto di cervella. Marcovaldo gli propone lo scambio e così i due possono finalmente saziarsi. Ma, dopo poco, ecco giungere la governante che dà del ladro a Marcovaldo costringendolo a precipitosa fuga… Allora tu dammi il tuo piatto e io ti do il mio. Quella si mise a gridare: – Al ladro! Al ladro! Le posate! INVERNO In pieno inverno, terminata la legna, Marcovaldo è costretto di notte ad andarne in cerca. Magro è il suo bottino, mentre i figli, rincasati prima di lui, hanno abbattuto un cartellone pubblicitario credendo fosse quello il bosco di cui parla un libro di favole appena letto… Seguendone l’esempio il capofamiglia si dirige in autostrada dove, per sua fortuna, il miope agente di polizia stradale Astolfo lo scambia per parte di una pubblicità… A casa di Marcovaldo quella sera erano finiti gli
ultimi stecchi, e la famiglia, tutta incappottata, guardava nella stufa impallidire le braci, e dalle loro bocche le nuvolette salire a ogni respiro. […] PRIMAVERA Su consiglio del medico Marcovaldo è costretto un sabato pomeriggio a condurre i figli malaticci in collina per respirare aria buona e giocare all’aria aperta. I piccoli si divertono e lo stesso manovale fantastica sul trasferirsi lì. Parlando con alcuni sopraggiunti uomini, prima di andar via scopre esser quello uno spazio riservato ai degenti… Questi bambini, – disse il dottore della Mutua, – avrebbero bisogno di respirare un po’ d’aria buona, a una certa altezza, di correre sui prati… (p.55) ESTATE Michelino, uno dei figli di Marcovaldo, scompare dopo aver visto passare le mandrie. Invano lo cerca fino a che viene informato della permanenza del ragazzo in montagna con un mandria. A Marcovaldo non resta che invidiarlo… In ogni presenza umana Marcovaldo riconosceva tristemente un fratello come lui inchiodato anche in tempo di ferie a quel forno di cemento cotto e polveroso, dai
debiti, dal peso della famiglia, dai salari scarsi o nulli. […] Così, fino a che l’ultimo suono di camapanaccio fu dileguato alla luce dell’alba, Marcovaldo continuò a girare inutilmente. Qualche tempo dopo la mandria e Michelino son di ritorno. Il ragazzo è stanco morto per la mole di lavoro che ha dovuto sopportare, altro che vacanza in montagna… Corsero in strada, lui e tutta la famiglia. Ritornava la mandria, lenta e grave. E nel mezzo della mandria, a cavalcioni sulla groppa d’una mucca, con le mani strette al collare, col capo che ballonzolava a
ogni passo, c’era, mezzo addormentato, Michelino. AUTUNNO 11 – IL CONIGLIO VELENOSO p.66 In fase di dimissione dall’ospedale, Marcovaldo finisce per trafugare un coniglio cavia dallo studio medico… Marcovaldo un mattino così fiutava intorno, guarito, aspettando che gli scrivessero certe cose sul libretto della mutua per andarsene. Il dottore prese le
carte, gli disse: – Aspetta qui, – e lo lasciò solo nel suo laboratorio. (p.66) Rincasato dal lavoro da cui ha ottenuto un ulteriore giorno di convalescenza, Marcovaldo progetta ai familiari di farlo ingrassare fino al Natale. Ma di cibo in casa non ce n’è e così, l’indomani, la moglie decide di cucinarlo incaricando i figli di portarlo a far uccidere dalla signora Diomira. Nel frattempo Marcovaldo è raggiunto da medici e polizia: il coniglio è una cavia cui sono stati inoculati pericolosi germi. Eccoli quindi alla ricerca dell’animale che i bambini hanno intanto fatto fuggire sui tetti dove inizialmente gli viene data la caccia. Colpito da un proiettile di rimbalzo, l’animale decide di farsi scivolare nel vuoto ma i pompieri lo raccolgono al volo facendo sì che torni in ospedale… E finì tra le mani guantate d’un pompiere, issato in cima a una scala portatile. Impedito fin in quell’estremo gesto di dignità animale, il coniglio venne caricato sull’ambulanza che partì a gran carriera verso l’ospedale. A bordo c’erano anche Marcovaldo, sua moglie e i suoi figlioli, ricoverati in osservazione e per una serie di prove di vaccini. (p.75) INVERNO Appassionato di cinema, unico svago che gli consente di evadere dalla monotonia della vita che conduce, Marcovaldo si ritrova a vagare per le vie cittadine, ricoperte di nebbia, dopo aver sbagliato fermata per fantasticare sui paesaggi indiani visti sullo schermo… Invano chiede a un passante e in un’osteria, ritrovandosi infine a bordo di un aereo diretto a Singapore via India!… Per chi ha in uggia la casa inospitale, il rifugio
preferito nelle serate fredde è sempre il cinema. La passione di Marcovaldo erano i film a colori, sullo schermo grande che permette d’abbracciare i più vasti orizzonti: praterie, montagne rocciose, foreste equatoriali, isole dove si vive coronati di fiori. Vedeva il film due volte, usciva solo quando il cinema chiudeva; e col pensiero continuava ad abitare quei paesaggi e a respirare quei colori. Ma il rincasare nella sera piovigginosa, l’aspettare alla fermata il tram numero 30, il constatare
che la sua vita non avrebbe conosciuto altro scenario che tram, semafori, locali al seminterrato, fornelli a gas, roba stesa, magazzini e reparti d’imballaggio, gli facevano svanire lo splendore del film in una tristezza sbiadita e grigia. Scusi, signor bigliettaio, – disse Marcovaldo, – sa se c’è una fermata dalle parti di via Pancrazio Pancra–zietti? PRIMAVERA Angosciato dalle notizie relative al cibo contaminato che quotidianamente occupano le pagine dei giornali, Marcovaldo decide di recarsi al fiume per pescare pesce fresco. Individuato un posto che sembra idoneo e ricco di pesce, vi si reca facendo un’ottima pesca. Ma una guardia lo avverte che il fiume è contaminato dalla fabbrica di vernici che si trova poco sopra… «Tutti i miei sforzi devono essere diretti, – si ripromise, – a provvedere la famiglia di cibi che non siano passati per le mani infide di speculatori». Al mattino andando al lavoro, incontrava alle volte uomini con la lenza e gli stivali di gomma, diretti al lungofiume. «È quella la via”, si disse Marcovaldo. Ma il fiume lì in città, che raccoglieva spazzature 14 – LUNA E GNAC p.88 A rovinare il cielo notturno c’è per Marcovaldo e gli altri del quartiere la pubblicità al neon della Spaak-Cognac che preclude loro la vista ogni venti secondi… Il Gnac era una parte della scritta pubblicitaria Spaak-Cognac sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. (p.88) Una sera Michelino, nell’ascoltare il padre promettergli di insegnargli a riconoscere stelle e pianeti se non ci fosse l’insegna, la danneggia con la fionda… Il Leone! – Michelino fu preso d’entusiasmo. – Aspetta! – Gli era venuta un’idea. Prese la fionda, la caricò del ghiaino di cui sempre aveva in tasca una riserva, e tirò una sventagliata di sassolini con tutte le forze contro il gnac. (p.90) Qualche giorno dopo quelli della ditta COGNAC TOMAWAK installano la propria pubblicità sul tetto della casa di Marcovaldo i cui figli devono continuare a danneggiare quella della Spaak che, poco tempo dopo, fallisce… La nuova scritta danneggia altre persone risultando grande il doppio e con intermittenza fissata in due secondi!… AUTUNNO A Marcovaldo viene assegnato il per lui piacevole compito di accudire una pianta grassa che, in breve, diviene la sua nuova ragione di vita… In ditta, tra le varie altre incombenze, a Marcovaldo toccava quella d’innaffiare ogni mattina la pianta in vaso dell’ingresso. (p.94) Durante una giornata di pioggia il manovale si accorge che la pianta cresce sotto l’acqua a vista d’occhio e così si fa accordare da Viligelmo il permesso di portarla a casa. L’indomani, grazie alla pioggia, la pianta è raddoppiata di volume… Ma con tutto che l’avesse pensato, aprendo la finestra al mattino non poteva credere ai suoi occhi: la pianta ora ingombrava mezza finestra, le foglie erano per lo meno raddoppiate di numero, e non più reclinate sotto il loro peso ma tese e aguzze come spade. (p.97) Durante il successivo week-end eccolo girare per la città con la pianta legata dietro alla bici per farle prendere quanta più acqua possibile, così tanta da renderla enorme al punto da non consentirne più l’ingresso nella ditta… Viligelmo gli ordina allora di portarla al vivaio per cambiarla con una più piccola… Allora, – s’affrettò a proporre Marcovaldo, – io porterei la pianta a fare un giro dove piove, – e detto fatto tornò a sistemare il vaso sul portapacchi della bici. Il sabato pomeriggio e la domenica, Marcovaldo li passò in questo modo: caracollando sul sellino della sua bicicletta a motore, con la pianta dietro, scrutava il cielo, cercava una nuvola che gli sembrasse ben intenzionata, e correva per le vie finché non incontrava pioggia. (p.98) Il lunedì Marcovaldo si presentò al signor Viligelmo a mani
vuote. Ormai affezionatosi alla pianta, Marcovaldo vaga per la città senza mai imboccare la via che conduce al vivaio, generando un corteo di curiosi che seguono l’appassire della pianta di cui, dopo un po’ resta il solo fusto… INVERNO Dopo le diciotto il supermarket si riempie di consumatori e, tra di essi, si mescola anche la famiglia Marcovaldo. Ben poveri, Marcovaldo e i suoi si limitato a girare con i carrelli vuoti divertendosi a guardare gli altri acquistare. Una sera tutti e otto finiscono per riempire i carrelli e, giunta la chiusura, non riescono a ricollocare negli scaffali la roba presa. Tramite un passaggio vicino a dei lavori in corso, la famiglia si ritrova nei pressi delle fauci di una gru al cui interno abbandonano il contenuto dei carrelli… Alle sei di sera la città cadeva in mano dei consumatori. Per tutta la giornata il gran daffare della popolazione produttiva era il produrre: producevano beni di consumo. A una cert’ora, come per lo scatto d’un interruttore, smettevano la produzione e via! Si buttavano tutti a consumare. (P.101) PRIMAVERA 17 – FUMO, VENTO E BOLLE DI SAPONE p.107 I figli di Marcovaldo tentano invano di dar vita a un business con la raccolta di campioni di sapone, ammassandone un quantitativo enorme in cantina. Ma le case produttrici iniziano a inviare a tutti campioni omaggio, denunciando gli ignoti che cercano di farli pagare. Marcovaldo intima allora ai figli di buttare il sapone ammassato che, a contatto con le rapide del fiume, dà vita a un divertente e meraviglioso spettacolo a base di bolle di sapone in cielo. Dopo un po’ però, Marcovaldo constata che in cielo rimane solo il fumo… […]tutti
si misero a naso in su seguendo il volo delle bolle di sapone. (p.113) ESTATE Unico a rimanere in città a ferragosto è Marcovaldo che si gode la stessa immaginando strade e palazzi come letti di fiumi e montagne… La popolazione per undici mesi all’anno amava la città che guai
toccargliela: i grattacieli, i distributori di sigarette, i cinema a schermo panoramico, tutti motivi indiscutibili di continua attrattiva. L’unico abitante cui non si poteva attribuire questo sentimento con certezza era Marcovaldo; ma quel che pensava lui – primo – era difficile saperlo data la scarsa sua comunicativa, e – secondo – contava così poco che comunque era lo stesso. Il giorno di ferragosto, camminando al centro della carreggiata, per poco non viene investito da un’auto che si rivela essere quella di un troupe televisiva che, dopo averlo intervistato in qualità di unico presente in città, lo assolda per il set di riprese di Follie di Ferragosto… AUTUNNO Durante la pausa pranzo Marcovaldo segue un gatto soriano nelle sue escursioni. Durante una di esse, eccolo raggiungere il tetto del ristorante Biarritz dalla cui vasca per i pesci vivi sottrae una trota pescandola con una lenza. Ma il soriano gliela ruba costringendolo a un lungo inseguimento fino a un giardino abbandonato dove una colonia felina inizia una zuffa per il diritto di tentare di recuperare il pesce rimasto impigliato al ramo di un albero… Marcovaldo, certe volte, per passare il tempo, seguiva un gatto. (p.120) Dalla finestra della casa qualcuno si appropria della trota, mentre la zuffa ha termine non appena in giardino piovono avanzi di cibo gettati agli animali da anziane gettare che spiegano a Marcovaldo esser rimasto quello l’unico terreno non ancora edificato in centro. Il manovale si convince a parlare con la vecchia proprietaria che, pur friggendo la trota, nega di averla presa… A fine inverno la vecchia viene rinvenuta morta e in primavera, nonostante il boicottaggio dei gatti, ha inizio la costruzione di un grattacielo in quel giardino… INVERNO L’Ufficio Relazioni Pubbliche della SBAV decide di far pubblicità all’azienda facendo consegnare pacchi ai clienti facoltosi da un dipendente vestito da babbo natale. L’incarico tocca proprio a Marcovaldo che, come prima tappa, si reca dai propri figli che però lo riconoscono avendo anche le altre ditte adottato analogo metodo pubblicitario. La delusione coglie quindi il manovale che sperava di scorgere gioia e sorpresa nei volti dei bambini… Alla Sbav quell’anno l’Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle persone di maggior riguardo le strenne
fossero recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale. (p.132) I piccoli sono intenti, gli spiegano, a preparare dei doni per un bambino povero. Per superare la delusione Marcovaldo decide di portarsi dietro Michelino… In una lussuosa villa s’imbattono in bambino triste nonostante gli oltre trecento regali fin lì ricevuti. È quello il figlio del presidente dell’Unione Incremento Vendite Natalizie. È a lui che Michelino porta tre doni: un martello, una fionda e un pacchetto di fiammiferi con cui il rampollo distrugge tutto finendo poi per incendiare l’intera casa. Il padre del bambino è entusiasta nel prospettare un incremento pazzesco di vendite con la diffusione di quel kit di distruzione. Uno spirito materialista che Marcovaldo ovviamente non condivide… Behemoth… Lo sbranatore di sovraccopertine… Non sembra un “angioletto”? 😀 😀 😀 Qual è il messaggio del libro Marcovaldo?In Marcovaldo Calvino unisce aspetti fiabeschi e ironia per affrontare temi e problematiche attuali 3: la vita caotica in città, l'urbanizzazione senza razionalità ed ordine, l'industrializzazione crescente e la povertà delle fasce più basse della popolazione, la difficoltà dei rapporti umani ed interpersonali.
Quali sono i temi principali di Marcovaldo?I temi trattati nel testo sono:. La vita caotica in città. L'urbanizzazione senza razionalità ed ordine.. L'industrializzazione crescente e la società dei consumi.. La povertà delle fasce più basse della popolazione.. La difficoltà dei rapporti umani ed interpersonali.. Cosa pensa Marcovaldo della città?Perché ogni città è anche un bosco, o meglio: ogni città vive, proprio in quanto città, anche grazie alla presenza di una dotazione significativa di “rappresentanti” del mondo vegetale: fiori, cespugli, siepi, alberi.
Come finisce il libro Marcovaldo?Dall'ospedale Marcovaldo ruba anche un coniglio ma scopre che l'animale è contaminato. Questa triste fine caratterizza tutti gli episodi dell'opera di Calvino, che si conclude con la città ricoperta dalla neve.
|