Mio figlio mi picchia cosa devo fare

Il comportamento violento (e reiterato) dei figli verso i genitori è un fenomeno ad oggi ancora sottostimato e sottovalutato nel nostro Paese. Virginia Suigo, psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro che da trent’anni si occupa di adolescenti, con “Figlio violenti” (Franco Angeli Editore) ha portato l’attenzione su storie, studi ed esperienze di altri Stati dove si sono sviluppati diversi modelli efficaci di intervento che però, tutti e inevitabilmente, hanno un unico punto di partenza: e cioè la denuncia dei genitori, che per farlo devono superare la difficile barriera della vergogna.

L’hanno fatto mamma e papà di Vittoria, 18 anni, un’infanzia serena, che dopo la fine di un amore ha cominciato ad inveire contro i genitori fino a diventare violenta. L’hanno fatto quelli di Tancredi, 22 anni, che ritenendo di essere stato danneggiato da una madre troppo protettiva e da un padre inerte ha preteso un indennizzo di 2000 euro al mese, altrimenti sono furti e botte. L’ha fatto il padre, vedovo, di Michele, 16 anni, da cui veniva usato come tassista e che se osava rifiutare veniva picchiato.

Giulia Villoresi in un’intervista a Suigo su “La Repubblica” sottolinea che dati precisi sul fenomeno non ve ne sono proprio per la reticenza che lo soffoca.

Negli Stati Uniti si stima una percentuale tra il 14 e il 20 per cento negli Stati Uniti, in Spagna è stato istituito un Centro di intervento e formazione in violenza filio-parentale, in Italia è stato calcolato un aumento del 56 per cento delle denunce a carico di minori in ambito familiare.

Chi sono questi figli “senza paura e senza pietà”? “A sembrare in aumento – dice l’autrice del libro – non è la violenza parentale che riguarda ragazzi con psicopatologie conclamate, o problemi di tossicodipendenza, ma quella degli adolescenti ‘normali’, cresciuti in famiglie prive di particolari problematicità”.

E’ una violenza che si manifesta con l’umiliazione del genitore, con un’aggressività crescente che dalle accuse passa all’intimidazione fino alla distruzione di oggetti e alle botte. Dai dati disponibili le famiglie più a rischio sono quelle composte da madre e figlio maschio o da genitori attenti e amorevoli tiranneggiati da figli che pensano che tutto sia loro dovuto. La negazione del problema è una costante di cui viene riconosciuta la gravità solo quando la situazione è ormai molto compromessa. Aiutare i genitori a dismettere il ruolo di vittima è, secondo Suigo, uno degli obiettivi più importanti dell’intervento di psicoterapia. “Per far questo, innanzi tutto bisogna renderli indipendenti dal figlio, convincerli a non votare tutta la loro energia alla causa, occupandosi in primis dei loro bisogni fisici ed emotivi. Come? Per esempio, non avendo fretta nel coinvolgere il figlio nella terapia. «Il messaggio dovrebbe essere: noi lo facciamo in ogni caso, con o senza di te. Nella maggior parte dei casi poi è il figlio che, a un certo punto, sente il bisogno di portare anche il suo punto di vista nella stanza del terapeuta”.

Secondo l’autrice dietro i comportamenti violenti c’è spesso la “paura di non essere all’altezza dei genitori, paura di non farcela come adulti”. Si tratterebbe quindi di ragazzi molto fragili afflitti da un disturbo proprio del periodo che stiamo vivendo alla stregua dei disturbi alimentari. “C’è – dice Suigo nell’intervista –  una tendenza della famiglia a costituirsi come un universo sempre più chiuso che impedisce ai figli di confrontarsi col mondo. I loro bisogni evolutivi risultano frustrati. I conflitti non possono fluire all’esterno, ed esplodono all’interno. Quando il genitore fisicamente si frappone, cerca di bloccare l’uscita, l’adulto diventa anche concretamente, non solo simbolicamente, l’ostacolo da superare a ogni costo”.

Tra i casi di violenza in famiglia, esiste anche quello dei figli verso i genitori. Molto più spesso si sente parlare di genitori che picchiano i figli, ma può succedere anche il contrario. Si capisce bene che, in entrambi i casi, si tratta di un atteggiamento da condannare. Quando si verificano fatti di violenza, significa che esiste un grosso bisogno di relazione, ma che questo si esprime in modo distruttivo.

Figli prepotenti: a farne le spese sono i genitori

Alla base di un figlio prepotente, violento, che picchia una madre o un padre, può esserci una mancata comunicazione con lui fin da bambino. Anche una cattiva educazione, o una educazione pressoché assente, può creare sentimenti violenti in un bambino o, meglio, in un adolescente. In molti casi, tutto ciò è frutto di un’educazione particolarmente permissiva, ma non sempre è così. Per il sentimento di vergogna che nasce nel genitore in questione, spesso si verifica un atteggiamento di omertà, di silenzio. Il genitore sceglie di fare finta di niente, forse anche perché non sa bene come gestire questa intricata e delicata situazione.

Assieme alla violenza fisica, fatta di calci, pugni, schiaffi e percosse in generale, si può accompagnare quella verbale, riguardante minacce o offese. Se un genitore subisce aggressioni fisiche o verbali da parte di un figlio, spesso può provare dei sensi di colpa, vergogna. È facile che questa persona si chieda dove può avere sbagliato, anziché cercare di risolvere la soluzione. Va da sé che, al giorno d’oggi, educare i figli è diventato un compito sempre più arduo, sempre più difficile. Viviamo in un mondo in cui la violenza fa parte del nostro quotidiano, purtroppo. È facile, dunque, che i figli cresciuti in un contesto del genere, cerchino di risolvere le loro problematiche sfogando la propria aggressività nei confronti dei genitori. Ma attraverso gli attacchi d’ira, il figlio nasconde la propria debolezza. Una debolezza che non riesce a mettere da parte e che non riesce a superare. Cosa si può fare, nel concreto, in questi casi specifici?

Differenti tipi di violenza: le possibili classificazioni

Gli esperti raggruppano in tre categorie i figli che usano violenza fisica e verbale nei confronti dei loro genitori. Generalmente, ciò accade come dicevamo nell’adolescenza.

• Il primo caso è quello di un figlio compiacente. In questo soggetto, la violenza è il segno del rancore che egli ha accumulato con il passare degli anni. Si tratta di un soggetto che ha spesso dubitato dell’amore dei genitori e che, così, tentato di conquistare l’amore con la compiacenza.

• Il secondo profilo è quello “coniugalizzato”. In caso di abbandono di un partner, il figlio viene come “sostituito” da parte dell’altro genitore, nel ruolo che è rimasto vacante.

• Infine, si considera il cosiddetto “figlio nonno”. Si ha, in sostanza, quando egli è investito della funzione genitoriale nei confronti degli stessi genitori. Si ha quando egli, ad esempio, viene coinvolto a dare ragione oppure torto a una parte o all’altra.

Mio figlio mi picchia: cosa posso fare?

In questi specifici casi, abbiamo visto come i genitori non sappiano bene come comportarsi. Dobbiamo, infatti, considerare che questi comportamenti si verificano nel periodo dell’adolescenza e, quindi, con un figlio minorenne. Invece di intervenire da soli, proprio per paura, spesso i genitori si rivolgono agli specialisti. Psicologi, psichiatri, psicoterapeuti e coloro che sono del mestiere possono aiutare a capire come comportarsi, spesso risolvendo anche positivamente la situazione. Ma nella maggior parte dei casi, per paura di peggiorare la situazione e per non far arrabbiare ancora di più il figlio, i genitori scelgono di non fare niente. L’incapacità di gestire questa particolare situazione si verifica anche nei confronti del “dopo”. Alcuni vorrebbero chiamare le Forze dell’Ordine, o magari un’ambulanza se lo scontro fisico ha avuto qualche conseguenza, ma come fare? Sarebbe difficile ammettere di fronte ad ambulanza o Forze dell’Ordine che nostro figlio ci ha picchiati! La famiglia tende, così, a proteggere il figlio minorenne, per evitare che scoppi uno “scandalo”. Con l’aiuto di uno specialista, in ogni caso, si può senza dubbio uscire da questa situazione. Lo specialista in questione analizzerà il caso e cercherà di capire quali sono i motivi che spingono il ragazzo a comportamenti violenti nei confronti dei genitori, allo scopo di trovare una soluzione.

Cosa devo fare se mio figlio mi picchia?

Invita il bambino aggredito ad esprimere che non gli è piaciuta quella situazione. Puoi anche chiedergli dove fa gli male e accompagnarlo a esprimere le sue emozioni, nominandole e convalidandole.

Quando i figli ti picchiano i genitori?

Secondo la Corte di Cassazione [1], sì. Per la precisione, si tratta del delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi [2], che si integra quando si maltratta una persona della famiglia o comunque convivente. Il crimine è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Perché mio figlio mi picchia?

Nella maggior parte dei casi poi è il figlio che, a un certo punto, sente il bisogno di portare anche il suo punto di vista nella stanza del terapeuta”. Secondo l'autrice dietro i comportamenti violenti c'è spesso la “paura di non essere all'altezza dei genitori, paura di non farcela come adulti”.

Perché i bambini alzano le mani ai genitori?

Quello dell'aggressività infantile è un fenomeno piuttosto frequente, soprattutto in determinate fasi dello sviluppo. Un bambino o una bambina di età compresa fra i 2 e i 5 anni potrebbe alzare le mani alla mamma o al papà perché non conosce altro modo per esprimere la sua frustrazione o la sua rabbia.