Il faro delle orche storia vera

Film 28 marzo 202024 marzo 2020

“Il faro delle orche” è un film drammatico argentino ambientato in Patagonia. I protagonisti sono Beto, guardiano di una riserva naturale abitata da un gruppo di orche, e Lola, una donna spagnola che intraprende il lungo viaggio verso la riserva nella speranza che una terapia con le orche possa essere d’aiuto a suo figlio Tristan, un bambino di 10 anni con una forma di autismo che lo porta a non esprimere le sue emozioni.

L’intuizione di Lola viene confermata, infatti, dopo alcune reticenze iniziali, Beto accetta di collaborare e la terapia porta grande giovamento a Tristan, che dimostra empatia nei confronti delle orche.

Trovo che questo film abbia alcuni punti di debolezza, tra cui la prevedibilità della trama e la rappresentazione non approfondita dell’autismo, ma anche grandi punti di forza: la trama prevedibile è in realtà smossa da un finale imprevisto e la mancanza di accuratezza “scientifica” nel rappresentare il disturbo è compensata da un’intensa carica emotiva, che mette in contatto con i personaggi e fa gioire dei loro successi.

Ho trovato questo film interessante anche per il fatto che sia ispirato a una storia vera. Roberto Bubas è infatti un guardiafauna argentino che nuota insieme alle orche selvatiche e le attira suonando l’armonica; egli combatte contro la messa in cattività di questa specie.

Last but not the least, i paesaggi mostrati sono incantevoli e le inquadrature mostrano il lato selvaggio e autentico della Patagonia.

Se vi ho convinti…buona visione!

Giulia

Pubblicato da apefuribondablog

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Pubblicato 28 marzo 202024 marzo 2020

Recuperato su Netflix, ecco un film spagnolo tratto da una storia vera. Ho scelto di vederlo, innanzitutto, perché è ambientato in Patagonia, nella parte argentina, non tanto a sud, poco lontano dalla Penisola di Valdés: quando il protagonista fa un gesto per indicare dove stia Punta Delgada, ho ripensato a un giorno di novembre di ventisette anni fa.

Disinteressata alla presenza dell’uomo, la sterminata natura patagonica è una delle qualità essenziali di questo film. L’altro fulcro narrativo è l’autismo, la malattia di un bambino di dieci anni, che la madre ha portato laggiù dalla Spagna, dopo aver riscontrato timidi segni di emozione, dunque di vitalità, davanti alle immagini delle orche in un documentario del National Geographic, che parlava di un certo Beto.

Joaquín Furriel interpreta Beto, il guardiano del faro che studia le orche; Joaquín Rapalini è Tristán, il bambino; Maribel Verdú è sua madre Lola.

La parabola non è particolarmente originale: Beto è un solitario, avrebbe volentieri fatto a meno di quegli intrusi, poi si affeziona a loro e cerca di aiutare quella madre nel suo tentativo disperato. Da anni, osserva il comportamento delle orche, le distingue una ad una, ha imparato che possono arrivare fino a riva per cacciare i leoni marini (“La natura a volte è crudele”, dirà al bambino), ma non attaccano l’uomo, anzi sono amichevoli, si fanno accarezzare, sembrano apprezzare le note di un’armonica.

Attraverso una foto che cade a terra, il pubblico intuisce che Beto non è sempre stato solo. Sia lui che Lola sono scontrosi, feriti nei sentimenti. Si scongelano grazie a Tristán, che sembra uscire dal suo mondo chiuso in se stesso, non ha paura dell’oceano e delle orche.

A Lola, una donna incinta dice di essere nata e di aver vissuto a lungo in una grande città, non aveva immaginato che avrebbe trovato la felicità in quello sperduto angolo del mondo.