Aleksandra Tomić 0% found this document useful (0 votes) 164 views 0 pages
la letteratura italiana © Attribution Non-Commercial (BY-NC) PDF, TXT or read online from Scribd Share this documentDid you find this document useful?Is this content inappropriate?Report this Document 0% found this document useful (0 votes) 164 views0 pages Giovanni Boccaccio - Trattatello in Laude Di DanteUploaded byAleksandra Tomić Description:la letteratura italiana Full description Jump to Page You are on page 1of 0 Search inside document Reward Your CuriosityEverything you want to read. Anytime. Anywhere. Any device. No Commitment. Cancel anytime. Quick navigation
SynopsisSolone, il cui petto uno umano tempio di divina sapienzia fu reputato, e le cui sacratissime leggi sono ancora alli presenti uomini chiara testimonianza dell'antica giustizia, era, secondo che dicono alcuni, spesse volte usato di dire ogni republica, sì come noi, andare e stare sopra due piedi; de' quali, con matura gravità, affermava essere il destro il non lasciare alcuno difetto commesso impunito, e il sinistro ogni ben fatto remunerare; aggiugnendo che, qualunque delle due cose già dette per vizio o per nigligenzia si sottraeva, o meno che bene si servava, senza niuno dubbio quella republica, che 'l faceva, convenire andare sciancata: e se per isciagura si peccasse in amendue, quasi certissimo avea, quella non potere stare in alcun modo...
Trattatello in laude di DanteTrattatello in laude di DanteRedazione2017-12-19T16:24:34+01:00 Boccaccio, primo biografo ed estimatore di Dante, mescola alle lodi per il poeta notizie curiose sulla sua opera. Se è abbastanza noto che Dante interruppe con l’esilio la “Commedia” ai primi canti dell’inferno, e la proseguì anni dopo quando venne in possesso fortunosamente del manoscritto, è meno noto quello che afferma Boccaccio sugli ultimi canti del Paradiso, ignoti alla morte del poeta e ritrovati dal figlio a cui il padre in sogno aveva svelato il nascondiglio. Dall’incipit del libro: Solone, il cui petto uno umano tempio di divina sapienzia fu reputato, e le cui sacratissime leggi sono ancora alli presenti uomini chiara testimonianza dell’antica giustizia, era, secondo che dicono alcuni, spesse volte usato di dire ogni republica, sì come noi, andare e stare sopra due piedi; de’ quali, con matura gravità, affermava essere il destro il non lasciare alcuno difetto commesso impunito, e il sinistro ogni ben fatto remunerare; aggiugnendo che, qualunque delle due cose già dette per vizio o per nigligenzia si sottraeva, o meno che bene si servava, senza niuno dubbio quella republica, che ‘l faceva, convenire andare sciancata: e se per isciagura si peccasse in amendue, quasi certissimo avea, quella non potere stare in alcun modo. Mossi adunque più così egregii come antichi popoli da questa laudevole sentenzia e apertissimamente vera, alcuna volta di deità, altra di marmorea statua, e sovente di celebre sepultura, e tal fiata di triunfale arco, e quando di laurea corona secondo i meriti precedenti onoravano i valorosi; le pene, per opposito, a’ colpevoli date non curo di raccontare. TitoloPage load link |