La badante convivente ha l’obbligo di trasferire la sua residenza con l’anziano di cui si prende cura? Il datore di lavoro ha l’obbligo di dare la residenza alla badante? Quali sono le leggi che regolano questo delicato frangente del rapporto di lavoro tra badante convivente e datore di lavoro? Cerchiamo di capire come funziona. Le badanti che vengono assunte per presentare assistenza continuativa ad un anziano, solitamente, lo fanno convivendo con quest’ultimo per contratto e nella maggior parte dei casi, non avendo altra residenza in Italia trasferiscono la propria residenza nell’abitazione dell’anziano che assistono. Ma non si tratta di un obbligo né da parte della badante, né da parte del datore di lavoro. Ovviamente se la badante non ha altra residenza in Italia la famiglia che la ospita lo deve comunicare in modo ufficiale. E’ sbagliato, però, pensare che la badante convivente perchè vive nella casa della famiglia che l’ha assunta debba avere per forza la residenza nella stessa casa, La legge in vigore nel 2021, infatti, prevede che la badante non debba per forza far parte della famiglia e proprio per questo il datore di lavoro non ha l’obbligo di darle la residenza per stipulare il contratto di lavoro. La badante, infatti, può mantenere anche la reidenza in altro domicilio, purchè sempre in Italia, anche se nel rapporto di lavoro domestico figura come convivente con la famiglia che l’ha assunta. La badante, quindi, seppur convivente con la famiglia per la quale lavora, può, se lo desidera, avere anche la residenza altrove. Se la residenza della badante è diversa da quella della famiglia con cui convive presso l’abitazione in cui lavora può fissare il proprio domicilio. Il datore di lavoro è obbligato, però, a concedere la residenza alla badante nel caso che a richiederlo sia la stessa e se il datore di lavoro non la concede è soggetto a sanzioni. Il datore di lavoro è obbligato, quindi, a concedere la residenza alla badante, quindi, solo nel caso che sia quest’ultima a richiederla e che la casa in cui lavora sia quella in cui ha la dimora abituale. E’ bene chiarire, però, che pur concedendo il datore di lavoro alla badante la residenza la badante non entra nel nucleo familiare del datore di lavoro poiché risulta soltanto domiciliata presso l’abitazione presso cui svolge il proprio lavoro. Leggi anche: La badante convivente può uscire la sera? La badante non entra nello stato di famiglia di suo padre, ma risulterà domiciliata presso la stessa abitazione per motivi di lavoro, ossia per assistenza domiciliare. Sarà sufficiente per questo richiedere al Comune lo stato di famiglia separato. Quindi suo padre non perderà alcuna agevolazione, ma l'unico aumento di spesa riguarderà la Tarsu, poichè raddoppia il numero dei residenti. Quanto al ricongiungimento familiare non c'è alcun obbligo di far risiedere in casa vostra eventuali congiunti trattandosi di residenza per motivi di lavoro. Allo stesso modo non avrete problemi al termine del contratto: non essendoci più il motivo di lavoro non avrete più alcun obbligo di alloggio. (23 novembre 2010) Il personale domestico anche se convivente non rientra mai nel nucleo familiare ai fini Isee. In tutti i casi in cui la convivenza è dovuta a motivi di lavoro, in pratica, del nucleo familiare fanno parte, appunto, solo i familiari e non gli altri soggetti presenti allo stesso indirizzo di residenza. Quindi i redditi da indicare saranno solo il suo e quello di sua madre. Peraltro si tratta di redditi che saranno recuperati direttamente dall'Inps, in quanto erogati dall'istituto o reperibili dal 730. Il reddito complessivo è sempre il reddito imponibile ai fini Irpef, quindi non il reddito lordo ma quello già al netto delle detrazioni e deduzioni. (11 settembre 2015) L’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF), con le maggiorazioni introdotte per il periodo ponte dal 1° luglio al 31 dicembre 2021, è destinato anche a colf, badanti conviventi e bandati ad ore, più i lavoratori domestici in genere (italiani, comunitari ed extracomunitari che lavorano in Italia).
Il decreto legge n. 79/2021, convertito con modificazioni dalla legge n. 112/2021, che ha introdotto l’assegno temporaneo come misura sperimentale dal 1° luglio al 31 dicembre 2021, ha innalzato il valore mensile dell’ANF per il medesimo periodo per un valore di 37,50 euro per ciascun figlio per i nuclei familiari fino a due figli e di 55,00 euro per i nuclei familiari di almeno tre figli. Tra i destinatari della misura vi sono anche i lavoratori domestici, per i quali l’INPS applicherà l’aumento in automatico al momento della liquidazione dell’importo spettante a seguito della presentazione della domanda ANF. La disciplina sul rapporto di lavoro domestico si applica quando il lavoratore, anche straniero, presta la propria opera, a qualsiasi titolo, per il funzionamento della vita familiare (art. 1 della legge n. 339/58). La norma fa rientrare nel novero della disciplina del lavoro domestico quei rapporti di lavoro concernenti gli addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente, di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro, con retribuzione in denaro o in natura. Si intendono per addetti ai servizi personali domestici i lavoratori di ambo i sessi che prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funzionamento della vita familiare, sia che si tratti di personale con qualifica specifica, sia che si tratti di personale adibito a mansioni generiche. Sono pertanto lavoratori domestici coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter, governanti, camerieri, cuochi ecc.. Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente assistenziale.
La prestazione dei domestici, riconducibile al rapporto di lavoro della generalità dei lavoratori subordinati, deve:
Nucleo familiareLa composizione del nucleo familiare ai fini ANF è disciplinata dal comma 6 dell’art. 2 del D.L. n. 69/88 e di rimando, per quanto non espressamente previsto da questi, dal D.P.R. n. 797/55 (nello specifico, per il nucleo familiare, all’art. 4). Sulla scorta di questa disciplina, come chiarito e ricostruito anche dall’INPS, possiamo desumere e affermare che il nucleo familiare dell’avente diritto all’ANF può essere formato da:
L’assegno al Nucleo Familiare per i lavoratori domestici comunitari spetta per i familiari residenti in Italia o all’estero, mentre per i lavoratori domestici extracomunitari (esclusi quelli con contratto di lavoro stagionale) spetta l’ANF:
Due sentenze della Corte di Giustizia Europea del 2019 (cause C-302/2019 e C-303/2019) hanno riconosciuto inoltre il diritto all’ANF anche ai soggiornanti di lungo periodo in Italia che abbiano i familiari residenti in un Paese terzo: questa decisione i basa sul diritto alla “parità di trattamento” dei cittadini contenuta nella direttiva europea 2003/109/CE. Reddito familiareÈ costituito dalla somma dei redditi del richiedente e degli altri soggetti componenti il suo nucleo familiare. Nella definizione del suo ammontare ai fini della determinazione dell’assegno spettante, concorrono a formare il reddito familiare:
ANF: importo 2021L’importo dell’ANF per i lavoratori domestici 2021 è calcolato in base:
In caso di domanda per periodi pregressi deve essere inviata una richiesta per ogni anno e gli eventuali arretrati spettanti vengono corrisposti entro cinque anni, secondo il termine di prescrizione quinquennale.
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