Leucemia mieloide acuta recidiva dopo trapianto midollo

Oncologia ed Ematologia

Leucemia mieloide acuta, rischio di recidiva anche dopo 2 anni dal trapianto di staminali

  • Mercoledi 6 Aprile 2016

I pazienti affetti da leucemia mieloide acuta che sono stati sottoposti a un trapianto autologo di cellule staminali e sono ancora vivi senza aver avuto recidive per almeno 2 anni sono ancora a rischio di recidive tardive. � questa la conclusione di un ampio studio retrospettivo pubblicato su Cancer, realizzato dal gruppo di lavoro sulla leucemia acuta della European Society for Blood and Marrow Transplantation.

I pazienti affetti da leucemia mieloide acuta che sono stati sottoposti a un trapianto autologo di cellule staminali e sono ancora vivi senza aver avuto recidive per almeno 2 anni sono ancora a rischio di recidive tardive. È questa la conclusione di un ampio studio retrospettivo pubblicato su Cancer, realizzato dal gruppo di lavoro sulla leucemia acuta della European Society for Blood and Marrow Transplantation.

Studi precedenti, si spiega nell’introduzione, avevano evidenziato che in questi pazienti la recidiva si verifica soprattutto nei primi 2 anni dopo il trapianto, suggerendo che i pazienti sopravvissuti senza recidivare in quel lasso di tempo avevano una buona prognosi.

"I risultati del nostro studio indicano chiaramente che questo presupposto non è corretto, perché l’incidenza cumulativa di recidive a 10 anni ha raggiunto il 16% e rappresenta la principale causa di fallimento del trattamento tra i sopravvissuti a lungo termine" scrivono i ricercatori, coordinati da Tomasz Czerw, del Maria Sklodowska-Curie Memorial Cancer Center and Institute of Oncology, in Polonia.

Czerw e i colleghi hanno effettuato lo studio ora pubblicato su Cancer al fine di scoprire quali caratteristiche potrebbero aiutare a identificare i pazienti che sopravvivono senza recidive per 2 anni o più dopo aver subito il trapianto.

Lo studio ha riguardato 3567 adulti con leucemia mieloide acuta che erano stati sottoposti a un trapianto autologo di staminali durante la prima o la seconda remissione completa fra il 1990 e il 2008. La fonte di trapianto era il midollo osseo nel 32% dei casi e il sangue periferico nel restante 68%.

In questo gruppo di pazienti, la probabilità di sopravvivenza senza leucemia a 5 anni è risultata dell’86% e quella a 10 anni del 76%, mentre l'incidenza di recidiva è risultata dell'11% a 5 anni e del 16% a 10 anni.

L' analisi multivariata ha identificato come fattori associati a una minore probabilità di sopravvivenza senza leucemia e a un aumento del rischio di recidiva l'età del paziente, il sangue periferico come fonte del trapianto e i sottotipi sfavorevoli FAB, tra cui i sottotipi M0, M6, M7.

"Purtroppo, i dati riguardanti la citogenetica non erano disponibili per una percentuale significativa di pazienti, il che è in parte dovuto al fatto che circa il 50% dei pazienti in questo studio sono stati diagnosticati prima del 2000, quando la disponibilità di questi test era limitata" scrivono gli autori. "Tuttavia, il significato prognostico della citogenetica è risultato evidente in un'analisi univariata e i gruppi di rischio in base al cariotipo sono risultati fortemente associati con i sottotipi FAB" aggiungono Czerw e i colleghi.

La sopravvivenza osservata in questi pazienti è risultata più breve rispetto alla sopravvivenza attesa della popolazione generale europea di pari età e sesso, riferiscono gli autori. Secondo il gruppo di studio, questa osservazione indica la necessità di un follow-up più lungo dello stato di remissione dei pazienti come pratica clinica standard, con un monitoraggio più stretto della malattia minima residua e misure di controllo aggiuntive dopo il trapianto.

Infine, sottolineano i ricercatori, "la scoperta potenzialmente incoraggiante dello studio potrebbe essere che, nei pazienti sopravvissuti a lungo termine, la tossicità del condizionamento preparatorio per il trapianto potrebbe essersi risolta a sufficienza da permettere di rendere più probabilmente fattibile un successivo trapianto allogenico, in un secondo momento”.

T. Czerw, et al. Long-term follow-up of patients with acute myeloid leukemia surviving and free of disease recurrence for at least 2 years after autologous stem cell transplantation: A report from the acute leukemia working party of the European Society for Blood and Marrow Transplantation. Cancer 2016; 10.1002/cncr.29990.
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La mia storia inizia nel lontano aprile 2005, una apparente influenza mi blocca a letto e da allora trascorrono circa 35 giorni tra esami clinici, accertamenti fino a quando finalmente i medici dell’Ospedale Cardarelli fanno la diagnosi: LMA, Leucemia Mieloide Acuta.

Mi ero ammalato di Leucemia Mieloide Acuta. Tutto si ferma e inizi ad accorgerti che il mondo va avanti anche senza di te, e scopri gli amici veri e la famiglia che ti abbraccia in un cerchio energetico di amore, ti senti smarrito per un po’ e cerchi la speranza, cerchi di capire e superato lo sconforto, inizi a chiederti i motivi, i perché.

Ti chiedi, quale possa essere il lato positivo di questa situazione? Ci deve essere, per forza! E quando ne trovi uno, inizi a vederne altri a altri ancora... così la mente costruisce la scalata della guarigione su ciò in cui credi davvero, sui tuoi valori e sulla bellezza della natura che è magica immortale e invulnerabile!

Era maggio del 2005 quando fu accertata la Leucemia, sono stato per un mese circa in una Clinica privata e poi in Ospedale, dove fu diagnosticata in modo preciso la malattia ed iniziarono le terapie per la remissione.
A fine agosto ero in totale remissione, diciamo “guarito”, ma era solo un apparenza perché da li a poco si sarebbe manifestata di nuovo una recidiva con gravi conseguenza e quindi la strada di fare il trapianto del midollo osseo era obbligata.

Così a settembre del 2005 dovevo scegliere non solo se fare o meno il trapianto, ma che tipo di trapianto fare. A Napoli, mi suggerivano il trapianto autogeno, ovvero con le mie stesse cellule staminali pulite il cui esito a breve era del 100% positivo, ma si prestava ad una possibile recidiva quasi nel 50% dei casi, e in quel caso non sarebbe più stato possibile avere gli stessi risultati terapeutici e quindi il rischio di morte era molto alto, oppure andare a Genova e sottopormi ad un tipo di trapianto chiamato allogenico, ovvero da donatore esterno compatibile, con possibilità abbastanza alta di riuscita (circa 70%); senza esitare neanche un minuto, decisi di andare a Genova presso l’Ospedale San Martino, avendo tra l’altro la fortuna di avere mio fratello Salvatore donatore compatibile al 100%.

Pensai che fortuna, siamo 8 figli e solo 1 era compatibile al 100% è il suo nome è Salvatore! Un indizio importante per me, era una coincidenza speciale.

La seconda coincidenza speciale, fu quando scoprii con piacevole sorpresa che l’assistente del primario dell’Ospedale San Martino di Genova era una mia cara amica, volontaria dell’Unitalsi (Unione nazionale trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali), con la quale avevo condiviso molti pellegrinaggi di volontariato a Lourdes in Francia. La scelta era tracciata, non potevo che andare a Genova!

Sono stato diverso tempo presso l’Ospedale San Martino, dove feci il trapianto di midollo osseo allogenico, circa 45 giorni di isolamento totale in camera sterile per abbassare tutte le difese immunitarie e trapiantare il nuovo midollo e poi i famosi 100 giorni affinché si potesse avere la certezza che si era sulla buona strada e non ci fosse più il rischio del tanto temuto “rigetto”.

Tutto è andato come desideravo, non ho mai pensato diversamente, ho sempre creduto con la massima convinzione di superare quel momento, mi vedevo già guarito, forte e in grado di fare qualsiasi cosa, ed alimentavo costantemente i miei pensieri e le mie cellule del dna con questi propositi intenzionali, per creare quel piccolo miglioramento costante ogni giorno e creare tutte le sostanze chimiche di cui il mio corpo aveva bisogno.

Ringrazio gli “Angeli“ del San Martino, a partire dal corpo degli Infermieri a tutti i Medici, nessuno escluso! Eccezionali e bravissimi, un’attenzione al paziente senza eguali, credo che l’ambiente nel quale ti trovi sia fondamentale per affrontare un disagio così importante, e credo soprattutto che l’atteggiamento mentale positivo che ho avuto sia stato altrettanto fondamentale per stimolare la guarigione e la rinascita delle mie cellule.

Il 5 ottobre 2005 il mio corpo è nato di nuovo! Da allora i controlli sono annuali e i medici mi raccomandano sempre di fare attenzione ad alcuni aspetti della mia vita poiché ho assunto farmaci molto potenti, tra cui chemio e soprattutto radio, che mi hanno ovviamente lasciato tracce e inibito alcune importanti funzioni. Come soggetto immunodepresso il mio sistema immunitario è più esposto e pertanto devo cercare di evitare luoghi troppo affollati, o situazioni nelle quali posso mettere a dura prova il mio corpo.

Ebbene, il messaggio che voglio dare a tutti coloro che stanno vivendo questo momento o che l’hanno già superato, che tutto può accadere!

Mi sono rimesso in gioco, ho resettato ogni mia cellula ed azzerato il sistema immunitario per ripartire da zero, e l’ho fatto anche nella vita con un nuovo stile, basato sul benessere fisico e mentale, sullo sport, sull’alimentazione e su tante sfide emozionanti ed entusiasmanti che generano in me sempre nuove energie super potenzianti.

Quest’anno ho partecipato ad un corso di sopravvivenza di 8 giorni in un bosco senza tenda a contatto con la natura sfidando me stesso, le mie paure, quelle soprattutto dell’immunodeficienza, e il mio corpo ha reagito in modo straordinario, donandomi ancora più forza e vigore.

A novembre ho partecipato alla mia prima maratona di New York, un evento per me impensabile! Sono rimasto stupefatto da come ha reagito il mio corpo (solo una piccola ipotermia alla fine dei 42,194 km) tutto è andato bene e ogni giorno accetto la sfida e le incertezze della vita con grande saggezza, che solo la magia della natura può davvero sorprenderci.

Voglio lasciare la mia testimonianza a tutti coloro che vivono questa malattia e che la stanno vincendo: osate, siate felici, sorridete sempre anche nello sconforto, cercate di essere positivi, c’è sempre un motivo amorevole e potenziante in tutto ciò che accade nella Vita.

Grazie e buona Vita.

Rosario De Vincenzo

Cosa succede se un trapianto di midollo non funziona?

Se il midollo osseo non funziona più come dovrebbe, il paziente non è più in grado di produrre le cellule ematiche necessarie per trasportare ossigeno, combattere le infezioni e prevenire le emorragie.

Perché ritorna la leucemia?

Recenti studi [1],[2],[3] hanno dimostrato come, a seguito del trapianto, le cellule leucemiche sviluppino delle mutazioni per “nascondersi” e sfuggire al sistema immunitario appena trapiantato, che cerca di distruggerle: tali variazioni genetiche ed epigenetiche sono la causa della recidiva nei pazienti.
Circa il 90% dei pazienti che ricade dopo terapia di prima linea lo fa entro il primo anno dalla diagnosi. Ed il 50% ricadrà anche dopo trapianto autologo.

Quando si guarisce dalla leucemia mieloide acuta?

Senza trattamento, molti soggetti affetti da LMA muoiono nel giro di poche settimane o mesi dalla diagnosi. Con una terapia appropriata, il 20-40% dei soggetti sopravvive per almeno 5 anni, senza nessuna recidiva. Con il trattamento intensivo, il 40-50% dei soggetti più giovani può sopravvivere almeno 5 anni.