L anima mia magnifica il signore frisina

L anima mia magnifica il signore frisina

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Magnificat,  Falsobordone VIII Tono gregoriano

L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome;

di generazione in generazione la sua misericordia

per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

come aveva detto ai nostri padri,

per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

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L anima mia magnifica il signore frisina

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

La gioia e l'esultanza espresse da Maria in questo cantico fanno eco a quelle del profeta Isaia della prima lettura.

Il motivo di gioia sia del profeta Isaia che di Maria è una bellezza nuova di cui il Signore ci riveste, espressa con l'immagine delle vesti nuove, di un mantello, di gioielli e di un diadema. Questi simboleggiano la vera bellezza che il Signore ci dona, vale a dire la grazia.

Tra i tanti significati della parola "grazia" vi è appunto anche questo - essa può essere tradotta con "bellezza". E questo significato della parola "grazia" appare ancora oggi in diverse espressioni, come per esempio nell'appellativo "grazioso" che si dice ad esempio di un viso. Un viso grazioso è un viso gradito, ben visto, ben accetto, bello.

La corrispondenza tra la parola grazia e la parola bellezza è espressa visivamente nella differenza tra il viso di Eva prima e dopo il peccato nei famosi affreschi della cappella Sistina di Michelangelo. Si vede prima Eva ai piedi di Adamo in quella che si dice sia una delle immagini più belle di donna dipinte da Michelangelo. Ma poi immediatamente dopo l'albero avvolto dal serpente, si vedono Adamo ed Eva dopo il peccato e il viso di Eva è contorto, già abbruttito dalle conseguenze del peccato, già sgraziato.

Con il peccato perdiamo la bellezza che ci rende graditi, benvisti, accetti a Dio. Non siamo più immagini che riflettono la sua bellezza, come eravamo stati creati, "a sua immagine".

Chiediamoci dunque in cosa consista questa bellezza nuova che ci dona il Signore. Dice il profeta Isaia nel passaggio che abbiamo appena letto: mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia. Questa bellezza, questa grazia che il Signore ci dona, è quella della salvezza e della giustizia. La giustizia significa che siamo resi giusti, che siamo, in un certo senso, "aggiustati", cioè riparati, restaurati. E' restaurata in noi l'immagine di Dio. A causa della nostra unione con Gesù siamo di nuovo graditi a Dio, accetti a Dio. Possiamo sentirci dire la frase stessa che il Padre rivolge a Gesù: Ecco il mio figlio prediletto, - cioè il mio figlio che è gradito, che è grazioso - in lui ho posto tutta la mia gioia.

Ma il cantico di Maria precisa ulteriormente in cosa consista questa bellezza nuova, questa graziosità nuova che il Signore ci dona. Anche Maria gioisce ed esulta per questom dono, non solo nei suoi confronti, ma nei confronti di tutta l'umanità. E' interessante constatare che nella prima parte del Magnificat Maria parla di se stessa. Ci sono sei pronomi possessivi: l'anima mia magnifica il Signore; il mio spirito esulta in Dio mio salvatore; ha guardato all'umiltà della sua serva, ecc. ecc. Nella prima parte quindi Maria esulta per se stessa. Ma nella seconda parte esulta per tutti coloro che sono anch'essi oggetto della misericordia di Dio, tutti coloro che temono Dio - esulta per gli umili, per gli affamati, per Israele. Tutti questi appellativi indicano simbolicamente noi, che siamo il popolo di Dio.

Ora, proprio al centro, in mezzo a queste due parti del Magnificat, per sottolinearne l'importanza, vi è la parola misericordia: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Questo era uno dei metodi utilizzati nel modo di comporre degli uomini della Bibbia: quando si vuole sottolineare qualcosa, lo si pone o all'inizio, o alla fine, o nel mezzo, o in alcuni casi in tutti e tre i posti.

Quindi, proprio al centro del Magnificat, abbiamo la parola misericordia. E' al centro, perché Maria teme il Signore, e nello stesso tempo lo temono tutti coloro dei quali parla nella seconda parte del Magnificat. E' appunto attraverso la misericordia, concentrandoci su questa misericordia, cercando di meditare su di essa che capiamo meglio come ci salva il Signore, come ci giustifica, come ci riveste di grazia e di bellezza nuova. Il Signore lo fa proprio perdonandoci, avendo pietà, avendo misericordia di noi, chinandosi su di noi, mai stancandosi di rimetterci i nostri peccati. Infatti in questo campo, nella nostra relazione con il Signore, siamo molto simili a quei bambini che la mamma non fa in tempo a cambiare, che già sono caduti o si sono messi a giocare e si sono sporcati di nuovo.

Il proprio della misericordia, del perdono, dell'amore del Signore è che non dipende da qualcosa che potremmo fare per meritarla, ma è dono assoluto. Non è mai ricevuta una volta per tutte, ma deve essere ricevuta costantemente, ad ogni istante, ogni giorno, proprio come lo confessiamo ogni volta che, dicendo il Padre nostro, chiediamo al Signore la sua

misericordia: Rimetti a noi i nostri debiti, ogni giorno. E ogni giorno ripetiamo con Maria: "il Signore ha guardato la mia umiltà, la mia piccolezza, la mia incapacità", letteralmente "il mio nulla". Se il Signore mi salva, se mi ama, se costantemente mi perdona, non è perché io sia capace di corrispondere al suo amore, o sia capace di grandi cose, o perché abbia una bellezza per me stesso. Tutta la mia bellezza, tutta la mia capacità - se c'è - di corrispondere all'amore del Signore, è dono suo. Ciò che il Signore guarda è il mio bisogno, la mia piccolezza, la mia incapacità.

La misericordia non è prima di tutto qualcosa che il Signore fa, la misericordia è ciò che Dio è. Il Signore è misericordia. Questo è il nome che il Signore rivela a Mosè, quando egli gli chiede di vedere il suo vero volto. Il Signore risponde a Mosè: Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso. Ecco il nome del Signore: Dio misericordioso, che conserva il suo amore per mille generazioni e perdona la colpa, la trasgressione e il peccato.

Anche noi siamo invitati come Maria e con Maria a gioire. Non della gioia frivola che il consumismo cerca di alimentare e sfruttare in questo periodo pre-natalizio, non di una gioia sentimentale, ma della gioia vera che il Signore può e vuole darci, rivestendoci di grazia e di bellezza, colmandoci della sua misericordia.

Nessuno, forse, ha espresso più efficacemente questa verità di Bach nel suo famoso Magnificat e specialmente nel passaggio: Et misericordia ejus a progenie in progenies timentibus eum, "La sua misericordia, di generazione in generazione su quelli che lo temono". Dovremmo riascoltarlo, non distrattamente, ma con attenzione. La calma determinazione di questo brano, il suo incedere regolare, inarrestabile, esprimono proprio la calma determinazione del Signore, la sua affidabilità: mai rifiuterà di perdonarci, mai si stancherà di soccorrerci, non solo di generazione in generazione, ma attraverso tutti i momenti, tutte le tappe della nostra vita.