Ho scelto di fare l'insegnante perché

Per capire il difficile mestiere dell’insegnante, abbiamo deciso di intervistare coloro che svolgono questa amata professione. Chi meglio di loro può raccontare cosa significa essere e fare l’insegnante? Quali sono le difficoltà che maggiormente si riscontrano durante il mestiere di insegnante? Tanto è vero che a volte ci si chiede perché fare l’insegnante?

Sicuramente per l’ultimo quesito la risposta è semplice. Si diventa insegnanti per vocazione, per attitudine e per predisposizioni naturali. Fare l’insegnante non è una professione per tutti, perché richiede sacrifici, sforzi, dedizione e pazienza.

Il difficile mestiere dell’insegnante: ecco le testimonianze

Vediamo ora le testimonianze che hanno come oggetto il mestiere dell’insegnante, che in molti, anche un po’ sarcasticamente hanno tradotto come il difficile mestiere dell’insegnante.

  • Sono una maestra da quasi 40 anni, ho iniziato presto nella scuola dell'infanzia e poi alla primaria. Il mio lavoro è diventato presto la mia passione, la mia missione, la mia gioia nei tanti periodi duri della mia vita personale. Mi piace stare con i bambini, con le colleghe. Amo il mio lavoro e lo svolgo sempre con allegria, cercando di aggiornarmi sempre. Poche regole e passione: questa è la ricetta per insegnare a leggere, a scrivere e a contare. Mi piace insegnare la storia e ho sempre trasmesso questa passione ai miei alunni. Le difficoltà le sto incontrando negli ultimi anni, come risultato delle scellerate scelte fatte dai governi. Le altre difficoltà vengono dalle famiglie spesso troppo disinteressate all'istruzione e a seguire i bambini nell'esperienza scolastica. Ho riscontrato difficoltà nel gestire ormai da sola data Bes e diversamente abili. Per il resto il mio lavoro resta la mia vita, ho ancora molto da offrire.

Vogliamo inoltre riportarvi le riflessioni di un insegnante di Scienze Umane e Filosofia presso il Liceo Moretti dell'Istituto Beretta di Gardone V.T (Bs), pedagogista, da anni referente d'Istituto per studenti con Bisogni Educativi Speciali, esperto in Disturbi Specifici d'Apprendimento. In passato insegnante di sostegno specializzato nella scuola primaria. Si tratta di Paolo Cantù Gentili.

  • Si dice sia il mestiere più bello del mondo ed in parte è vero perché si è a contatto con il futuro del mondo. È stimolante perché, se fatto come va fatto, obbliga al continuo aggiornamento delle conoscenze e delle proprie convinzioni. Per gli aspetti negativi, si tratta di un lavoro sottopagato e con una considerazione molto bassa soprattutto in Italia. Si rischia stress e burn out non per i ragazzi, ma per la struttura burocratica soffocante che imbriglia anche le migliori intenzioni. Spesso le mortifica. Se gli insegnanti non gettano la spugna, è per le soddisfazioni che hanno con i ragazzi. Oggi i conflitti con le famiglie sono frequenti e molto aspre. Si delega alla scuola ma non si accetta il confronto nel merito dei problemi.

In merito è intervenuta su il difficile mestiere dell’insegnante una docente della provincia di Lecce.

  • Fare l’insegnante significa fare il lavoro più bello, difficile e stimolante che ci sia. Lavorare come insegnante permette di non perdere le speranze verso un futuro migliore, consapevole della situazione socio-economica e politica in cui ci troviamo e perciò volenterosa di cambiarla. Lo studente, attraverso lo studio, che non deve essere recepito come mera capacità mnemonica, dovrà puntare al cambiamento. Non per giungere all’individualismo, ma alla condivisione e al rispetto.

Infine, riportiamo la riflessione di un’insegnante campana su il difficile mestiere dell’insegnante.

  • Il problema maggiore è stato lo stop lavorativo che ho subito. Quando, per motivi molto seri, ho dovuto lasciare Milano e mi sono trasferita in provincia di Avellino, la mia carriera di insegnante si è bloccata. Usando le maestre del potenziamento sulle supplenze i precari non lavorano. Ora quello che provo e ho provato è un profondo sconforto, pensando che forse non arriverà mai il mio momento; nonostante laurea, master, corsi e competenze. Da quando sono qui il mio atteggiamento nei confronti della vita è cambiato. Le scuole qui sono piene. Io purtroppo ho dovuto lasciare Milano per cui soffro due volte. Qui ti senti nulla; al nord ti chiamano senza dover pregare santi.

Abbiamo voluto raccontare quattro diverse situazioni sul mestiere dell’insegnante al fine di fornirvi una panoramica più ampia possibile.

Il nostro staff ringrazia la disponibilità degli insegnanti che sono intervenuti, sperando di aver chiarito  un po’ i vostri principali dubbi sul perché fare l’insegnante e cosa significa essere insegnante.


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18/07/2015

di Alessio Spepi

Pubblichiamo parte dell'introduzione a una tesi di TFA, che - a chi abbia cuore e mente adatti-  può far capire quali sono e continueranno ad essere le motivazioni vere per fare questo mestiere...

Vorrei iniziare questa tesi rispondendo alla domanda che mi viene posta da tutti, amici, conoscenti, genitori e fidanzata: ma perché vuoi fare l’insegnante?

A volte me lo chiedo anch’io, durante questo TFA me lo sono chiesto più volte e, nonostante tutto, le risposte sono sempre le stesse di quando avevo diciotto anni ed iniziai a dare le prime ripetizioni di chimica. Ero solo un ragazzo di quinta superiore che aiutava ragazzini più piccoli, spesso anche gratis, ad arrivare almeno al sei in chimica, materia che spesso viene odiata solo perché insegnata da gente che in primis non la ama, e quindi la riporta in modo superficiale, nozionistico e sterile.
Vedere che riuscivo in qualche modo a creare curiosità verso una materia odiata era una soddisfazione troppo grande per me, accendere la luce della curiosità verso una materia che fino ad un’ora prima era vista come inutile ed astrusa era una gioia troppo grande, tanto che spesso alla domanda “quanto ti devo?”, la mia risposta era “niente”, tanto ero appagato da ciò che ero riuscito a fare.

Ma per comprendere cosa mi ha spinto veramente a voler diventare insegnante inevitabilmente guardo al mio passato di studente, ai professori che ho avuto, a che cosa mi hanno dato e che cosa mi è mancato da parte loro.
Devo dire che fin dalla scuola primaria sono stato fortunato sotto questo punto di vista. Dalle elementari, passando alle medie e finendo alle superiori ho sempre avuto ottimi insegnanti (salvo alcuni casi che rientrano nella statistica), soprattutto delle materie scientifiche. I migliori, quelli che almeno io reputavo tali, si sono distinti per la passione con la quale vivevano il loro lavoro. Oggi io mi rivedo in loro, hanno, infatti, studiato come me cose che amavano, che li appassionavano e quello stesso amore lo trasmettevano a noi studenti, senza pretendere di plasmare delle creature a propria immagine e somiglianza, ma solo per il gusto di assaporare ancora e ancora quelle conoscenze. E sono convinto che da quella passione venisse fuori un modo di insegnare, che è il miglior modo di farlo, perché noi studenti li percepivamo non come estranei e sterili “professori”, ma come persone appassionate e curiose di cui potersi fidare a tal punto che, se uno di loro mi avesse detto che gli asini volano, forse ci avrei anche creduto!

Purtroppo, come dicevo prima, accanto alla figura di questi “aurei personaggi”, si aggiravano di tanto in tanto anche delle figure mistiche di “orator habilis”, insegnanti che entravano in classe per sommergerci coi loro discorsi astrusi, spesso campati in aria, e misuravano la loro bravura in base a quante più nozioni riuscivano ad infilare in un’ora. Analizzando bene queste figure e col senno di poi, anche loro sono stati utili nel mio percorso, infatti mi hanno fatto capire cosa non volevo diventare: non volevo essere come loro.
Non voglio infatti diventare un mitragliatore di nozioni campate in aria, che vede gli studenti come oggetti auditori e non come persone, che appena finita la sua ora scompare nel limbo della scuola, ma vorrei essere per i ragazzi una “guida”, un “modello” ed un “punto di riferimento” durante il loro percorso nella scuola, cosi come molti dei miei insegnanti lo sono stati un tempo per me. I migliori, o meglio quelli che ricordo in maniera più positiva ancora oggi, non erano solo insegnanti di chimica organica, fisica o analitica, ma erano i pochi punti fermi della mia vita di adolescente, degli esempi come adulti, pronti a raccogliere sogni, speranze ed energie, e dimenticare che a quell’età ognuno di noi si è trovato in conflitto con tutti, amici, fidanzate e soprattutto genitori, bombardato dagli ormoni, in quel caos dove tutti ci siamo trovati, dove non siamo più bambini, ma nemmeno ancora uomini.

Questo è l’insegnante che vorrei essere, certo è un lavoro duro ed impegnativo, certamente non adatto a tutti, ma se nel mio piccolo avrò contribuito ad aiutare i ragazzi nello sviluppo di sé, a comprenderne i talenti e le inclinazioni, io sarò contento. Il nostro compito, è tirare fuori il diamante grezzo che è dentro ognuno di loro, perché ognuno di noi ne ha uno dentro, solo che a volte è ricoperto da uno strato di roccia cosi spesso, che tirarlo fuori costa molto lavoro da parte del ragazzo ma soprattutto da parte della famiglia e della scuola, ed arrendersi è più facile che scavare per trovare il buono o il bello quando è  nascosto .

Non so se riuscirò mai a diventare quel modello d’insegnante, così come non so nemmeno se mi sarà mai data l’occasione di esserlo, ma non voglio perdere la speranza, ancora, e voglio continuare a crederci, come ho fatto in questi anni, dove i dubbi erano più delle certezze, dove le SSIS erano appena state cancellate. L’ammissione a questo TFA rappresenta una boccata di ossigeno per questo mio sogno, sperando che ne rappresenti solo l’inizio e non la fine. Credo che fare questo mestiere sia una guerra continua, ma questo non deve toglierci la voglia e l’entusiasmo di fare il lavoro più bello del mondo.

Perché voglio fare l'insegnante?

Insegnare ti dà un ruolo nella formazione intellettuale dei giovani. Che non è per niente un compito da poco: insegnando non si aiutano solamente i ragazzi a formarsi un loro modo di pensare, ma si educano anche le loro coscienze. Una bella responsabilità, insomma.

Cosa ti spinge a diventare insegnante?

La gioia di insegnare La soddisfazione di trasmettere il proprio sapere affinchè altri ne abbiano beneficio è un'ottima motivazione per diventare insegnante. Se questa predisposizione è forte e gratificante significa che la passione per questa professione è forte ed è quella giusta.

Perché ho scelto di fare l'insegnante di sostegno?

#1 Perché l'insegnante di sostegno è quello che entra più in comunicazione con ragazzi che spesso hanno una sensibilità diversa, alternativa, più profonda, e quindi ci possono permettere di tradurre ciò che hanno da dire, e farlo sentire a tutti.

Cosa ti spinge a fare l'insegnante di sostegno?

La motivazione deriva solo da una scelta. Una scelta personale, convinta e soprattutto libera. La scelta di fare sostegno, nella scuola pubblica, cercando di lavorare bene in vista dell'integrazione di tutti gli alunni e della crescita di tutto il sistema scolastico.