Agenzia delle entrate apertura partita iva regime forfettario

  1. Home
  2. /
  3. Blog
  4. /
  5. Buoni Pasto

Quanto costa aprire una partita IVA e soprattutto mantenerla? E che differenza c'è tra il regime forfettario e il regime ordinario? E come i buoni pasto possono essere un vantaggio fiscale? Scopri tutto nella nostra guida.

Come si apre la partita IVA? E soprattutto quali sono i suoi costi? Queste le domande più comuni per chi intende avviare una nuova attività di impresa, un’arte o una professione in Italia. Proviamo, quindi, a capire quale sia la procedura operativa per l’apertura della partita IVA e quali siano i costi da preventivare.

Indice dei contenuti:

  • Cos’è una partita IVA?
  • Come aprire partita IVA: i passi da compiere
  • Come scegliere il codice ATECO
  • Quanto costa la partita IVA
  • Le caratteristiche del regime forfettario
  • Le caratteristiche del regime ordinario
  • Quale regime scegliere?
  • Vantaggi fiscali e partita IVA: l'acquisto dei buoni pasto
  • Spese di rappresentanza e omaggi ai clienti: i buoni acquisto
  • Spese di formazione
  • Spese relative alle autovetture
  • Spese relative all'affitto
  • Spese relative all'uso di dispositivi telefonici
  • Variazione o chiusura della partita IVA

Cos’è una partita IVA?

Prima di indicare i passi da compiere per aprire una partita IVA e i relativi costi, è opportuno sapere di cosa di tratta.

La partita IVA è una seria numerica di 11 cifre. Le prime 7 rappresentano il numero progressivo del contribuente nell’ambito dell’ufficio; l’ottava, la nona e la decima cifra rappresentano il codice identificativo ai fini IVA; l’undicesima cifra è generata automaticamente dal sistema Anagrafe Tributaria e ha la funzione di controllo dell’esatta trascrizione delle prime 10 cifre. Nei rapporti con l’estero, inoltre, il numero di partita IVA è preceduto dal prefisso di identificazione dello Stato membro (in Italia, “IT”).

La partita IVA persegue due finalità: identificare il soggetto e attestare il suo status fiscale, relativamente alle operazioni effettuate in Italia e all’estero e agevolare il controllo dell’Ufficio competente per assicurare la riscossione dell’imposta. 

Come aprire partita IVA: i passi da compiere

Aprire una partiva IVA è molto semplice e del tutto gratuito. Non richiede l’intervento di un intermediario abilitato (es. iscritti agli albi dei commercialisti, ragionieri, ecc.) e avviene presentando un’apposita istanza.

I soggetti obbligati ad aprire una partita IVA, in base alla disciplina contenuta all’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 (“Decreto IVA”), sono i soggetti residenti in Italia che intraprendono attività d’impresa, arte e professione in Italia, ovvero vi istituiscono una stabile organizzazione. Si tratta di soggetti che svolgono attività in forma autonoma, in quanto non titolari di reddito da lavoro dipendente.

Tali soggetti saranno tenuti alla presentazione di una dichiarazione di inizio attività entro il termine di 30 giorni mediante uno dei seguenti modelli scaricabile dal sito dell’Agenzia delle entrate:

  • modello AA7 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche);
  • modello AA9 (per gli imprenditori individuali e i lavoratori autonomi).

In ogni caso, la dichiarazione di inizio attività dovrà avere un contenuto prefissato, ovvero:

  • per le persone fisiche: il cognome e nome, il luogo e la data di nascita, il codice fiscale, la residenza, il domicilio fiscale e l’eventuale ditta;
  • per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la natura giuridica, la denominazione, ragione sociale o ditta, la sede legale, o in mancanza quella amministrativa, ed il domicilio fiscale. Deve inoltre essere indicato il codice fiscale per almeno una delle persone che ne hanno la rappresentanza;
  • per i soggetti residenti all’estero: anche l’ubicazione della stabile organizzazione;
  • il tipo e l’oggetto dell’attività ed il luogo o i luoghi in cui viene esercitata, anche mediante sedi secondarie, filiali, stabilimenti, succursali, negozi, depositi e simili, il luogo/luoghi in cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e i documenti richiesti dalla normativa;
  • per i soggetti che intendono effettuare operazioni intra-UE, la volontà di effettuare tali operazioni;
  • ogni altro dato richiesto dal modello, eccetto quelli che possono essere conosciuti autonomamente dall’Agenzia.

Modalità di adempimento e attribuzione

Fatte tali premesse, il contribuente dovrà trasmettere la dichiarazione di inizio attività, scegliendo in via alternativa tra le diverse modalità di adempimento:

  • presentando la dichiarazione (in duplice copia e accompagnata da documento di riconoscimento) presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, anche diverso da quello di domicilio fiscale;
  • inviando a mezzo servizio postale e con raccomandata a qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, con in allegato fotocopia del documento di riconoscimento;
  • inoltrando per via telematica, in prima persona o avvalendosi di un intermediario abilitato.

Alla presentazione della dichiarazione è collegata l’attribuzione al contribuente del numero di partita IVA, destinato a rimanere invariato fino alla cessione dell’attività.

In particolare, a seguito della presentazione della dichiarazione, la partita IVA è attribuita in via telematica dall’Agenzia delle Entrate ed è attestata al dichiarante mediante il rilascio o l’invio del relativo certificato di attribuzione. Ove la dichiarazione sia presentata da un soggetto incaricato della trasmissione telematica, inoltre, è previsto a carico di quest’ultimo l’impegno alla trasmissione del certificato di attribuzione della partita IVA nei confronti del contribuente.

Come scegliere il codice ATECO

La scelta del codice ATECO è una fase importante nella procedura operativa per l’apertura della partita IVA, in quanto il codice è usato per classificare, sia ai fini statistici sia ai fini fiscali, le diverse attività che possono essere svolte in forma autonoma. 

Per scegliere quello giusto, occorrerà descrivere la propria attività nella maniera più chiara possibile e vedere quale codice si adatta di più. Per esempio, nel caso in cui si intenda aprire una gelateria o una pasticceria, il codice ATECO sarà 56.10.3.; diversamente, ove si intenda avviare un’attività di lavanderia, il codice sarà 96.01.2. Anche qualora non esistesse un codice specifico, il contribuente avrà la possibilità di inserire più di un codice attività per la propria partita IVA, sempreché i codici non siano tra di loro incompatibili. 

Inoltre, sul sito Codiceateco.it ti basta inserire la tua attività per avere il codice ATECO più adatto alla tua attività: ti basta descrivere quello che hai intenzione di fare e la ricerca guidata ti aiuterà a individuarlo.

Fatto ciò, dovrai indicare nella dichiarazione di inizio, da presentare all’Agenzia delle entrate, il codice ATECO correlato alla tua attività sulla base della tabella di raccordo codici ATECO 2007. Lo stesso dovrà essere indicato anche nell’eventuale comunicazione di variazione dell’attività svolta, nel caso il cui tu decida di cambiare attività, richiedendo un nuovo codice.

Quanto costa la partita IVA

Come già detto, aprire una partita IVA è totalmente gratuito. Tuttavia, i titolari di partita IVA sono tenuti a scegliere il tipo di regime fiscale da applicare alla propria attività, optando in via alternativa tra il regime forfettario e il regime ordinario.
Da tale scelta derivano diversi costi di gestione e mantenimento che è bene valutare.

Le caratteristiche del regime forfettario

Il regime fiscale agevolato per autonomi (o forfettario) può essere beneficiato dalle persone fisiche esercenti attività d’impresa e di arti o professioni (art. 1, comma 54 della L. 190/2014), comprese le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria.

Il regime è applicabile se, con riferimento all’anno precedente, sono nel contempo soddisfatti i seguenti requisiti:

  • ricavi conseguiti o compensi percepiti, ragguagliati ad anno, di ammontare non superiore a 65.000 euro;
  • sostenimento di spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi i collaboratori, anche a progetto, incluse le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Per accedere al regime forfettario, così come per mantenerlo, occorrerà quindi confrontarsi con due limiti. Da un lato, le spese per il personale dipendente e per lavoro accessorio non debbano essere superiori a 20.000 euro lordi; dall’altro, il conseguimento di redditi da lavoro dipendente o assimilati e pensioni non debbano essere superiori a 30.000 euro. Quest’ultimo limite, tuttavia, non si applica ai lavoratori dimessi o licenziati, per cui non saranno posti ostacoli all’accesso al regime forfettario.

Sono, in ogni caso, esclusi dall’ambito applicativo del regime forfettario:

  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente SRL o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;
  • le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, a esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

A ciò si aggiungono altre incompatibilità all’applicazione del regime forfettario, ed esattamente:

  • l’utilizzo di regimi speciali IVA o di regimi forfetari di determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo; 
    residenza fiscale all’estero, fatta eccezione per i residenti in Stati UE/SEE che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivo soggetti che effettuano attività di compravendita di terreni edificabili, fabbricati o veicoli nuovi;
    effettuazione, in via esclusiva o prevalente, cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi.

Il regime forfettario, tuttavia, non ha limiti di durata. Questo significa che può essere applicato fin quando vi siano le condizioni necessarie alla sua applicazione. 

Quanto alla sua disapplicazione, il regime forfettario viene disapplicato quando:

  • si ha la perdita di uno dei requisiti d’accesso, oppure la verifica di una condizione ostativa;
  • vi è l’esercizio dell’opzione almeno triennale per l’applicazione dell’IVA e delle imposte sul reddito nei modi ordinari.

Da sapere: la fuoriuscita dal regime ha decorso dall’anno successivo e non osta alla possibilità di beneficiare nuovamente del regime al sussistere delle condizioni necessarie.

Quali sono i vantaggi del regime forfettario?

Il regime forfettario risulta soprattutto vantaggioso sotto il profilo impositivo, in quanto trova applicazione un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’imposta regionale sulle attività produttive pari al 15 %.

Con riferimento ai primi 5 anni dell’attività, inoltre, è prevista un’ulteriore riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva che sarà pari al 5%, ove sussistano determinati requisiti e cioè:

  • il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
  • l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
  • qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti previsti.

In considerazione del fatto che la tassazione ordinaria è strutturata a scaglioni di reddito e parte da una percentuale minima del 23% che aumenta all’aumentare del reddito, è evidente che il regime forfettario offre dei vantaggi sotto il profilo impositivo e ciò specialmente quando si tratta di una nuova attività. Nel regime forfettario, infatti, troverà applicazione l’imposta sostituiva sul reddito imponibile, determinato mediante l’applicazione di coefficiente di redditività, che variano in base alla tipologia dell’attività e al codice ATECO.

Ulteriore vantaggio del regime di favore è quello della mancata applicazione dell’IVA in fattura, che ha come diretta conseguenza che i corrispettivi pattuiti per le cessioni di beni o prestazioni di servizi non dovranno essere maggiorati dalle aliquote IVA. Così facendo, soprattutto per chi si trova in una fase iniziale dell’attività, avrà più possibilità di posizionarsi sul mercato.

Inoltre, la mancata applicazione dell’IVA in fattura determina effetti positivi anche sul carico degli adempimenti amministrativi, in quanto il contribuente non dovrà presentare dichiarazione IVA né tantomeno il versamento trimestrale dell’imposta.

Tra le altre semplificazioni, il regime prevede altresì l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica, che, a partire dall’1 luglio 2022, verrà meno esclusivamente per i contribuenti in regime forfettario che nell’anno precedente hanno percepito ricavi o compensi superiori a  25.000 euro, mentre dal 1° gennaio 2024 per tutti gli altri forfettari.

Le caratteristiche del regime ordinario

Nell’ipotesi in cui si esclude la fruibilità del regime forfettario, trova invece applicazione il regime di tassazione ordinario. 

Nel regime ordinario, come anticipato, la tassazione IRPEF si basa sugli scaglioni di reddito, a partire dall’aliquota del 23% che aumenta in via progressiva sulla base di scaglioni di reddito all’aumentare del reddito dichiarato. Di conseguenza, a differenza del regime forfettario, non troverà applicazione una tassazione agevolata, né tanto meno le semplificazioni previste dal regime di favore.

Infatti, sotto il profilo delle imposte dirette, il contribuente potrà dedurre tutti i costi documentati e correlati alla attività che esso svolge. 

Sotto il profilo dell’IVA, inoltre, dovrà applicare l’imposta sul valore aggiunto relativamente alle cessioni di beni o prestazioni di servizi, adempiendo altresì ai relativi oneri contabili e di versamento dell’imposta. 

In via del tutto semplificativa, il titolare di partita IVA dovrà:

  • presentare la dichiarazione IVA all’Agenzia delle Entrate annualmente;
  • adempiere al versamento dell’IVA con cadenza mensile o trimestrale;
  • compilare il modello ISA (Indici sintetici affidabilità fiscale che hanno sostituito gli studi di settore);
  • conservare i registri e i libri contabili.

Quale regime scegliere?

Sulla base delle caratteristiche dei due regimi, il contribuente potrà scegliere il regime che più attiene all’attività che andrà a svolgere. 

In presenza dei requisiti previsti dal regime forfettario, in particolare, il contribuente otterrà i vantaggi fiscali e le semplificazioni negli oneri posti a suo carico, utili soprattutto in una fase di inizio della propria attività.

Diversamente, il regime ordinario potrà risultare conveniente per il contribuente che debba affrontare molte spese per l’attività, soprattutto quando è superiore alla forfettizzazione dei costi prevista dal regime forfettario, essendo possibile per il contribuente la deducibilità dei costi inerenti all’attività che esso svolge.

Vantaggi fiscali e partita IVA: l'acquisto dei buoni pasto

Quando si parla di vantaggi fiscali e partita IVA si fa riferimento esclusivamente ai titolari di partita IVA aderenti al regime ordinario. Non si considerano invece coloro che sono in regime forfettario, i quali, in linea con la normativa vigente, non potranno dedurre i costi aziendali effettivamente sostenuti, dal momento che tale passaggio avviene secondo il coefficiente collegato al codice ATECO.

Fatta tale precisazione, tra i diversi vantaggi fiscali previsti per i titolari di partita IVA in regime ordinario è riconosciuta la possibilità per il titolare di acquistare i buoni pasto, potendo dedurre al 75% il costo del buono come costo aziendale e per un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (art. 54, comma 5 TUIR), nonché detrarre l’IVA con aliquota al 10%, qualora i buoni pasto siano utilizzati direttamente dal professionista.

Nel caso in cui il professionista assegni i buoni pasto ai propri dipendenti, invece, la convenienza assume ancora più rilievo, dal momento che sono deducibili come costi aziendali al 100% e per i dipendenti, con la Legge di Stabilità del 2020, sono esenti fino a 8 euro se buoni pasto elettronici e fino a 4 euro se cartacei.

Spese di rappresentanza e omaggi ai clienti: i buoni acquisto

Vantaggi fiscali per le partite IVA in regime ordinario si hanno anche con riferimento ai buoni acquisto o regalo.

Il trattamento fiscale dei buoni acquisto, in particolare, è molto conveniente soprattutto quando i buoni regalo sono erogati come premio o incentivo per esempio a seguito del raggiungimento un determinato obiettivo. Al configurarsi di tale ipotesi, infatti, i buoni spesa saranno completamente deducibili e l’IVA relativa alla commissione sarà detraibile (art. 15, comma 1, n. 2 e art. 21, comma 2, lett. c del DPR n. 633/1972).

Inoltre, in linea con l’articolo 108, comma 2 del TUIR (DPR n.917/86 e D.M.19/11/2008) – che disciplina le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e/o servizi effettuati con finalità promozionali o di pubbliche relazioni – il valore imponibile dei buoni regalo, utilizzati come omaggi a clienti e fornitori per azioni promozionali inerenti all’attività di impresa, può essere dedotto completamente dai costi con detraibilità dell’IVA relativa alla commissione. Il valore massimo di ogni regalo è di 50 euro.

Spese di formazione

Anche con riguardo alle spese di formazione, per i titolari di partita IVA in regime ordinario, è stata riconosciuta l’integrale deducibilità dal reddito di lavoro autonomo professionale delle spese per l’iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché delle spese di iscrizione a convegni e congressi, entro il limite annuo di 10.000,00 euro (art. 54, comma 5 del TUIR).

Inoltre, sono integralmente deducibili, entro il limite annuo di 5.000 euro, le spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità erogati dagli organismi accreditati in base alla disciplina vigente.

Quanto all’IVA sulle spese di formazione, è detraibile al 100%, se ovviamente documentata da fattura.

Spese relative alle autovetture

Relativamente alle spese e agli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore utilizzati nell’attività professionale, è riconosciuta la deducibilità dei costi in capo al titolare della partita IVA, seppur in percentuali diverse in base alla attività svolta (art. 164, comma 1, n. 2, lett. b) del TUIR).

In particolare, nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa nella misura del 20%, limitatamente a un solo veicolo.
Diversamente, ualora l’attività sia svolta da società semplici e da associazioni senza personalità giuridiche costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. In tale ipotesi, il costo massimo fiscalmente riconosciuto per l’acquisto di autovetture è fissato a 18.075,99 euro, mentre per il noleggio l’importo massimo è 3.615,20 euro.

Con riferimento agli agenti e rappresentanti di commercio, invece, la deduzione arriva all’80%, con soglie massime pari a 25.822,84 euro per l’acquisto e 5.164,57 euro per il noleggio.

Quanto alla detraibilità IVA (art. 19-bis1, comma 1 lett. c) e d) del DPR 633/72), gli artigiani e professionisti potranno detrarre l’IVA assolta dal professionista all’acquisto o all’importazione in misura pari al 40% per:

  • i veicoli stradali a motore, diversi dai motocicli di cilindrata superiore a 350 cc), e dei relativi componenti e ricambi, se i predetti veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio della professione;
  • carburanti e lubrificanti destinati ai veicoli di cui al punto precedente, nonché delle prestazioni dell’art. 16, comma 3, del DPR 633/72 (es. noleggio e leasing) e delle prestazioni di custodia, manutenzione, riparazione e impiego, compreso il transito stradale, dei citati beni.

Diversamente, per l’uso strumentale della vettura, la detrazione IVA sarà al 100%. Allo stesso modo, accade per gli agenti e i rappresentanti di commercio, che potranno dedurre al 100% l’IVA sull’acquisto, sul noleggio e sulle spese correlate all’auto di servizio.

Fermo restando il predetto limite, ai fini della detrazione IVA deve essere dimostrata la sussistenza del requisito di inerenza, vale a dire l’effettivo impiego del veicolo nell’ambito dell’attività professionale esercitata.

Spese relative all'affitto

Per le spese relative all’affitto di immobili, è necessario distinguere il trattamento riservato all’immobile, in base alla categoria catastale di riferimento.

Più nello specifico, ove l’immobile ad uso ufficio abbia la categoria catastale A/10, il titolare di partita IVA potrà:

  • dedurre al 100% le quote di ammortamento annuale, nel caso in cui abbia acquistato l’immobile;
  • dedurre al 100% i canoni d’affitto, se posto in locazione.

Diversa, invece, è l’ipotesi in cui l’immobile da destinare ad ufficio sia un’abitazione, in cui si registra un uso promiscuo dell’immobile. In questo caso, i costi sostenuti per l’acquisto, l’affitto o i costi di gestione dell’immobile saranno deducibili in misura pari al 50%, sempreché l’immobile sia intestato al titolare di partita IVA (art. 54, comma 3 del TUIR).

Quanto all’IVA, essa è totalmente indetraibile.

Spese relative all'uso di dispositivi telefonici

I costi legati ai telefoni cellulari sono deducibili dal reddito d’impresa in misura pari all’80% (art. 102, comma 9 del TUIR), anche qualora siano relativi a canoni di locazione, leasing o di noleggio. C’è dunque una forfettizzazione dei costi da parte del legislatore fiscale, che prevede una deducibilità dei costi in misura ridotta anche qualora il bene sia utilizzato ad uso esclusivo dell’attività professionale.

Con riferimento all’IVA, la detraibilità IVA per le spese di traffico telefonico e per i telefoni cellulari ha percentuali diverse a seconda dell’utilizzo del bene o del servizio acquistato nell’esercizio di impresa, arte o professione (art. 19, comma 4 del DPR 633/72).

Ed esattamente:

  • in caso di utilizzo esclusivo del bene /servizio è riconosciuta una detrazione pari al 100% dell’IVA sostenuta;
  • in caso di utilizzo promiscuo del bene o servizio è riconosciuta una detrazione pari al 50% dell’IVA sostenuta con una percentuale forfetaria, o in alternativa, una percentuale diversa, qualora si dia una dimostrazione della stessa.

Variazione o chiusura della partita IVA

Oltre a quanto abbiamo finora detto, c’è da dire che bisogna prendere in considerazione anche ilf fatto che possano variare gli elementi indicati nella dichiarazione di inizio di attività o si possa decidere di chiudere la partita IVA.
In entrambi i casi, è necessario compilare lo stesso modello (AA7, AA9) e presentarlo ad un qualsiasi ufficio entro 30 giorni dalla data di variazione/cessazione dell’attività con le stesse modalità previste per l’inizio attività. In tale occasione, l’ufficio procederà alla chiusura della partita IVA.

Vuoi saperne di più sui buoni pasto per partite IVA?

Come aprire partita IVA forfettaria gratis?

Aprire partita IVA è molto semplice ed assolutamente gratuito, infatti occorre comunicare all'Agenzia delle Entrate l'inizio della propria attività, entro 30 giorni, con un apposito modulo (modello AA9/12 per le ditte individuali e i liberi professionisti, modello AA7/10 per le società).

Come aprire una partita IVA da soli?

Come aprire Partita IVA da soli?.
individuare il codice ATECO che identifica l'attività economica che si intende svolgere..
compilare e consegnare all'agenzia delle entrate il modello AA9/12 – Dichiarazione di inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA per Imprese Individuali e lavoratori autonomi..

Quanto costa aprire una partita IVA in regime forfettario?

Quanto costa aprire partita iva / ditta individuale con regime forfettario? Il costo di apertura partita iva è di 50 euro + iva. Alcune attività richiedono ulteriori pratiche come l'iscrizione in camera di commercio e altre pratiche.

Quanto costa aprire una partita IVA 2022?

Come già detto, aprire una partita IVA è totalmente gratuito. Tuttavia, i titolari di partita IVA sono tenuti a scegliere il tipo di regime fiscale da applicare alla propria attività, optando in via alternativa tra il regime forfettario e il regime ordinario.